
Voglio tuffarmi in queste acque trovare il modo per raggiungerti.
Pensare è l'attività dell'esistere. Comunicare è il ponte verso l'eternità. Le riflessioni presenti in questo blog sono in omaggio al caro zio Francesco e ai miei genitori adottivi.

Voglio tuffarmi in queste acque trovare il modo per raggiungerti.

Sapeva che aveva poco da vivere, nonostante le cure fatte che avevano fallito e nondimeno mostrava una serenità inspiegabile.
Probabilmente, nellla mente umana si innescano convinzioni che rappacificano la vita con la morte.
Il suo fidanzato, non la lasciava mai sola e non si risparmiava di darle conforto.
Una sera gli parlò:
-“Dario, cosa farai quando io non ci sarò più?”
Questa domanda giuse come un colpo al cuore dell’uomo.
Tentò di nascondere il suo dolore e rispose con apparente leggerezza.
-“Gianna, per favore, non proiettare il pensiero in tutto ciò che è negativo.!”
-“Dario, io so che sto morendo, I medici mi hanno illustrato la situazione senza darmi alcuna speranza di sopravvivenza, forse fuori non lo dó a vede perché il mio sorriso inganna, ma dentro di me sento che la malattia mi sta divorando lentamente. Comprendo che vuoi tranquillizzarmi.
Voglio che tu sia sincero e possa rispondere alla mia domanda
Dario volle adeguarsi alla volontà della sua fidanzata e cercò di rispondere.
-“Qualunque cosa potrà succedere, tu sei e resterai nel mio cuore.”
Gianna riprese:
-“Voglio da te una promessa.”
La pausa lasciava presagire una tristezza insopportabile.
-“Vorrei che tu continuassi a visitare i miei genitori anche dopo che Dio mi avrà chiamata in cielo. Loro hanno avuto me come unica figlia ed io sto per dar loro un grande dolore.”
Dario, non riuscì a trattenere la lacrima, si asciugò il viso con il dorso della mano e lasciò continuare il discorso.
Desidero che tu possa essere felice poiché soltanto così sentirò lieve il trapasso.”
Dario ormai non potette trattenere l’emozione, abbracciò la sua fidanzata e nel pianto fece le ultime promesse d’amore.
-“Farò tutto quello che vuoi Amore mio
il silenzio chiuse il discorso perché a continuare a parlare fu l’amore che aveva unito le due anime e che Dio, ora, separava.

Giuseppe era molto intelligente e apparteneva ad una famiglia benestante. Carlo invece proveniva da una famiglia povera ed era uno studente ligio ai suoi compiti.
Giuseppe era bravissimo in matematica mentre Carlo eccedeva nella letteratura.
Il tempo di scuola si protraeva fino al pomeriggio inoltrato i due ragazzi usavano rientrare insieme nelle loro rispettive case situate nello stesso isolato.
Giuseppe non era mai affamato potendo disporre di denaro per comprarsi la merenda nella pausa pranzo. Carlo invece era quasi sempre affamato non avendo le stesse possibilità di Giuseppe.
Sul cammino di rientro, Giuseppe commentava e discuteva degli esercizi di matematica svolti in classe. Carlo fingeva di ascoltarlo … la fame gli bloccava ogni ragionamento.
Un giorno Giuseppe si sentì beffeggiato dall’atteggiamento di Carlo e gli mollò un ceffone per fagli capire che voleva la sua attenzione.
I due amici, in seguito a quell’episodio, non si parlarono più per intere settimane fino a quando capitò che Giuseppe, durante la pausa pranzo, fu soccorso da Carlo per un boccone di pane che lo stava soffocando.
Carlo non ci pensò due volte nel vedere il suo amico in pericolo, lo afferrò dalle spalle e curvandolo all’indietro, riuscì a sbloccare la respirazione consentendo al boccone di scendere nello stomaco.
Carlo, aveva un diario dove aveva l’abitudine di scrivere tutto quello che accadeva intorno a lui.
Dopo tanto tempo i due amici si ritrovarono da adulti e lessero questa avventura dalle pagine ingiallite del diario di Carlo .
In quella occasione, Giuseppe pose una domada:
-“Carlo perché hai scritto della mia disavventura e la quasi soffocamento mentre non hai registrato nulla a proposito dello schiaffo che ti diedi?”
Carlo sorrise e rispose:
-“Io scrivevo gli episodi belli perché volevo che le mie emozioni non si perdessero. Non potevo scrivere di quell’unico brutto episodio per non dover mettere in ombra la nostra grande amicizia.”
Morale: se ricevi del male e non riesci a dimenticarlo, scrivilo sulla sabbia, ma se ricevi del bene scolpiscilo sul marmo.

Prima di partire per casa sua telefonò ai gentori per annunciare il suo arrivo.
-“Pronto, papà sei tu?”
-“Sì figliolo, dove sei?”
-“Papà sto tornando a casa.”
-“Finalmente, figlio mio, non vedo l’ora di abbracciarti.”
-“Papà, devo dirti che con me sta un amico che non sa dove andare … non ha famiglia. Possiamo accoglierlo con noi?”
-“Non ti preoccupare, libereremo una stanza per lui e lo aiuteremo secondo le nostre possibilità.”
-“Papà, il mio amico ha perso una gamba in guerra e non vede molto bene.”
-“Figlio mio, allora gli cerchiamo una sistemazione presso qualche ente assistenziale.”
-“No, papà. Io voglio vivere insieme a lui nella nostra casa.”
-“Figliolo, questo non è possibile. Abbiamo già tanti problemi e non possiamo sobbarcarcene altri!”
-“Va bene, papà. Ti chiamerò appena sarò giunto in paese.”
Il padre attese inutilmente l’arrivo del figlio.
Trascorsero alcuni mesi quando una telefonata della polizia lo avvisò della morte del figlio capitata in seguito ad un incidente.
L’uomo partì per il luogo dell’incidente per riconoscere la salma del figlio.
Quando fu davanti al cadavere il medico legale gli disse che non aveva una gamba ed essendo cieco era caduto da un ponte.
Il medico, non ebbe il coraggio di dire che suo figlio si era suicidato.
Il ragazzo si era sentito rifiutato dalla sua famiglia e probabilmente si era suicidato.
Morale: È facile essere buoni senza doversi sacrificare.