
La mancanza di un padre è un’assenza che non conosce età, da bambini, pesa come una domanda senza risposta del perché non c’è?.
È un’ombra che accompagna i giorni di scuola, le feste di compleanno, i primi traguardi. Ci si abitua a guardare gli altri e a pensare a cosa significhi avere una mano più grande della tua a cui aggrapparti, una voce che ti chiami per nome con un tono che sa di casa.
Da adolescenti, quella mancanza diventa ribellione o malinconia a volte si pensa, di poter essere abbastanza forti da soli, ma è un’illusione che si incrina nei momenti in cui servirebbe un consiglio, uno sguardo di approvazione, o anche solo un silenzio condiviso che dica “ci sono”.
Da adulti, il vuoto cambia forma ma non sostanza diventa la consapevolezza di ciò che non si è avuto e che non potrà essere recuperato.
È nei momenti di gioia che si avverte più forte, come un’eco stonata nei matrimoni, nelle nascite, nei successi lavorativi. È il pensiero che viene spontaneo chi cosa avrebbe detto, oppure nei momenti di dolore, invece, è una voragine vorresti quella presenza capace di reggere il tuo peso, anche solo con uno sguardo fermo.
Eppure, questa assenza insegna qualcosa di potente che il valore di una presenza non si misura soltanto nel sangue, ma nell’impegno e nell’amore che qualcuno sceglie di dare.
Insegna che, se un padre manca, non sempre si è destinati a restare soli a volte la vita porta figure che, pur non avendo lo stesso nome, svolgono quel ruolo con dedizione.
La verità è che, a qualunque età, un padre che non c’è, lascia sempre un vuoto che non invecchia, un vuoto che si impara a portare, ma che non smette mai di farsi sentire, come una cicatrice che a volte pulsa ancora, anche a distanza di anni.
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