sabato 16 agosto 2025

Le culle del silenzio





Non parlava con sua sorella da anni.Non era successo in un giorno, ma a piccoli passi, come una strada che si riempie di crepe finché diventa impraticabile. Le incomprensioni si erano accumulate, mescolando orgoglio e ferite mai guarite, finché un giorno avevano smesso di cercarci. All’inizio qualcuno pensò che, prima o poi, una di loro avrebbe ceduto, ma il tempo si sarebbe fatto complice del silenzio e, un giorno dopo l’altro, le loro vite avevano smesso di sfiorarsi. 

Poi arrivò quella telefonata. Lucia era in cucina, con il caffè ancora caldo tra le mani. Il cellulare vibrò, e una voce dall’altro capo parlò con un tono che aveva il peso delle notizie irreversibili. Signora… mi dispiace darle questa notizia, sua sorella è deceduta questa mattina. Il mondo si fermò, lei restò in piedi, senza appoggio, come se tutto il corpo si fosse svuotato, ma non ebbe il tempo di metabolizzare la voce proseguì. C’è un’altra cosa, sua sorella ha lasciato due neonati… gemelli. 

Erano già registrati senza padre, non abbiamo altri nominativi di familiari, solo il suo. Il caffè le scivolò di mano e si sparse sul pavimento, ma Lucia non sentii nulla. Neonati? Mia sorella? Non sapeva nemmeno fosse incinta. 

Quando arrivò in ospedale, l’odore acre di disinfettante e il brusio lontano di passi sui corridoi mi avvolsero come un sudario. Un’infermiera l’accompagnò in un piccolo reparto, e lì, in due culle affiancate, c’erano loro. 

Minuscoli, avvolti in coperte bianche, con il viso sereno di chi non sa ancora nulla del dolore. Uno aveva un ciuffo di capelli scuri che ricordava i suoi figli, l’altro la pelle così chiara da sembrare di porcellana. Li guardò a lungo.

 Erano la sua carne e il suo sangue, ma allo stesso tempo due perfetti sconosciuti. Il cuore le si strinse al pensiero che la loro madre la sua sorella perduta non fosse lì a tenerli. Sentii il bisogno di toccarli, anche solo con un dito. 

Quando la mano sfiorò la loro pelle morbida, il nodo in gola si sciolse. In quel contatto c’era una promessa che non aveva ancora pronunciato, ma che già la impegnava per sempre non avrebbero conosciuto il vuoto e il silenzio che avevano separato loro due.

 Firmare quei documenti fu come sigillare un patto con il destino. Non sapeva come avrebbe fatto, se era pronta, se avrebbe potuto colmare un’assenza così grande, ma sapeva che, se non li avesse presi lei, sarebbero finiti in mani sconosciute.

 Quando lasciò l’ospedale, con due seggiolini sul sedile posteriore e un silenzio irreale in macchina, guardò nello specchietto. Due visi addormentati. Non conosceva il loro futuro, ma il suo era appena cambiato per sempre.

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