
I sogni sono tutto un mondo sospeso tra ciò che si desidera e ciò che si crede possibile.
Da bambini, i sogni hanno colori vividi, ali leggere e nessun confine.
Si sogna di volare, di diventare astronauti, ballerine, medici, poeti, di trovare l’amore perfetto, la felicità piena, la vita giusta.
Nessuno, in quell’età incantata, ci dice che sognare può anche far male, perché da piccoli non si è consapevoli si è solo vivi.
Si cresce, qualcosa cambia e con la crescita arriva la consapevolezza dei limiti, delle probabilità, della realtà.
È lì che i sogni cominciano a sbiadire non perché siano meno belli, ma perché iniziano a fare i conti con ciò che è possibile e con ciò che non lo è.
Un ballerino che a quindici anni ha scoperto di avere le ginocchia troppo fragili.
Una ragazza che voleva fare la scrittrice e ha finito a lavorare in un ufficio, con le parole sepolte in un cassetto.
Un uomo che sognava di girare il mondo e si ritrova incastrato in un mutuo e due figli da mantenere.
La consapevolezza non è cattiva, ma è esigente, ci chiede di aprire gli occhi, di fare i conti, di scegliere.
E allora cosa succede ai sogni?
Molti si trasformano in rimpianti.
Altri si riciclano in desideri più piccoli, più adulti, più gestibili oppure muoiono.
Alcuni si archiviano.
La consapevolezza è come una lente che mette tutto a fuoco e quando succede, spesso mostrano crepe che prima non si vedevano.
Il sogno si spezza, si ridimensiona, perde quella leggerezza infantile che lo faceva sembrare eterno e allora sì, in certi casi, la consapevolezza uccide i sogni non per cattiveria, ma per eccesso di lucidità.
Non tutta la consapevolezza è una condanna, perché c’è quella che distrugge i sogni irrealizzabili, ma c’è anche quella che li salva.
Essere consapevoli dei propri limiti può portare ad allenarsi meglio. Nelle difficoltà può accendere il coraggio. Avere risorse proprie, può spingere a lottare con più forza.
La consapevolezza può uccidere i sogni solo se smettiamo di crederci, di provarci.
Solo se lasciamo che la realtà schiacci completamente l’immaginazione.
Allora, forse, la vera sfida non è evitare la consapevolezza, ma imparare a sognare nonostante essa.
Sognare con i piedi per terra e il cuore ancora in volo, sapendo che non tutto è facile, ma che qualcosa è ancora possibile, con maturità, senza perdere quella scintilla che rende viva l’anima.
In fondo, non è vero che la consapevolezza deve uccidere i sogni.
Lo fa solo quando dimentichiamo che anche la realtà può essere un buon posto dove costruirli, con fatica con il tempo con verità ma sempre con speranza.
E allora sogniamo ancora ma da svegli.
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