
La casa era una costruzione antica, restaurata di recente. Nonostante i lavori, conservava ancora un’aura silenziosa, quasi sospesa nel tempo. Il giardino era vasto e incolto, pieno di sterpaglie, ma c’era una cosa che colpiva tutti una vecchia altalena di ferro, cigolante e un po’ arrugginita. Marco aveva pensato di smantellarla, ma Elisa, la più piccola, ne rimase subito affascinata così decidemmo di lasciarla lì.
La stanza che avevamo destinato a zia Clotilde si affacciava proprio su quel punto del giardino. Dopo pochi giorni, iniziarono le sue notti tormentate. Mi chiamava spesso, agitata, dicendomi che una bambina giocava sull’altalena, ridendo e facendo scricchiolare le catene. Io non sentivo nulla, e pensai fosse frutto della sua malattia ma lei ripeteva quelle parole ogni notte, con la stessa precisione.
Poi accadde qualcosa che cambiò tutto. Una notte Marco tornò tardi dal lavoro. Troppo stanco per portare la macchina in garage, la lasciò accanto all’altalena. Quando scese dall’auto, la vide muoversi da sola, lentamente, senza vento. Mi raccontò di aver cercato di non pensarci, di essersi detto che era solo suggestione, ma dentro di sé non riusciva a crederci davvero.
Tre notti dopo, l’impossibile. Marco mi confessò che, tornando a casa, aveva visto chiaramente una bambina sull’altalena. Sei, forse sette anni. Un vestitino chiaro, i capelli a boccoli che incorniciavano un viso sorridente. Rideva mentre si dondolava. Marco cercò di scacciare l’immagine stropicciandosi gli occhi, ma la bambina restava lì. Scese dall’auto, si avvicinò… e quando fu a un passo da lei, la piccola si voltò, gli sorrise, e svanì.
Quando me lo disse, non feci fatica a credergli. Dentro di me, sapevo che quella casa custodiva qualcosa. Così cominciammo a indagare. Gli ex proprietari non ci furono d’aiuto avevano vissuto lì trent’anni senza mai parlare di stranezze, ma con l’aiuto di amici negli archivi comunali riuscimmo a ricostruire la genealogia della famiglia che possedeva la villa prima di loro.
Fu allora che scoprimmo la verità. Nel 1937, una bambina di nome Rebecca, sette anni appena, morì tragicamente, riuscimmo perfino a trovare una sua fotografia. Quando la vidi, sentii un brivido lungo la schiena
Nei giorni seguenti Marco sistemò il giardino e restaurò l’altalena, poi ostruì un piccolo monumento, con la foto di Rebecca e un vasetto di fiori freschi. Da quel momento, l’altalena rimase immobile, e zia Clotilde non parlò più di risate notturne.
Col tempo scoprimmo anche la tomba della bambina Rebecca riposava nel cimitero della città, accanto ai suoi genitori e ai nonni. Ma un dubbio mi è rimasto dentro, ancora oggi la mia Elisa, che passava ore accanto a quella vecchia altalena, vedeva davvero Rebecca? I suoi gesti lo lasciavano pensare ma adesso, che è adulta, non ricorda più nulla di quei giorni.
Forse certi incontri appartengono solo allo sguardo puro dei bambini.
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