giovedì 21 agosto 2025

Crescere nella paura



La violenza familiare non è fatta solo di pugni e urla è anche silenzio ostile, controllo costante, umiliazioni sottili che si ripetono fino a diventare una norma. Nelle mura di casa, dove un bambino dovrebbe sentirsi al sicuro, può invece nascere un mondo fatto di regole distorte, dove l’amore si mescola al terrore e la fiducia viene sostituita dalla paura.

Un bambino che cresce in un contesto violento impara presto che ogni gesto o parola può avere conseguenze imprevedibili. Vive in uno stato di allerta continua, pronto a leggere i segnali del volto o del tono di voce dei genitori per capire se sta per scoppiare un conflitto. Questa costanza costruisce in lui un sistema di ansia che diventa parte della sua identità. La paura non è più legata a un episodio isolato, ma diventa cronica si radica e accompagna i suoi pensieri, i suoi sogni, il suo modo di relazionarsi agli altri.


Le regole della violenza familiare sono implicite, ma spietate non parlare tropponon contraddirenon esprimere emozioninon chiedere. Sono leggi non scritte che il bambino interiorizza e che gli insegnano a ridursi, a farsi piccolo per sopravvivere. Questo atteggiamento, però, lo priva della libertà di crescere, di esplorare, di fidarsi. Impara che l’amore può essere pericoloso, che la protezione può trasformarsi in minaccia, che chi dovrebbe accudirlo può invece ferirlo.


L’ansia nei bambini vittime di violenza familiare nasce proprio da questa contraddizione insanabile desiderano l’affetto dei genitori, ma lo temono; hanno bisogno di casa come rifugio, ma la percepiscono come luogo di pericolo. La paura diventa una compagna invisibile che si infiltra nella scuola, nelle amicizie, persino nei giochi. Spesso si manifesta con insonnia, somatizzazioni fisiche, difficoltà di concentrazione o comportamenti aggressivi.


La violenza familiare lascia segni che non sempre si vedono, ma che pesano come macigni nel futuro. Bambini cresciuti in questo clima possono diventare adulti diffidenti, sempre in guardia, o al contrario, finire intrappolati in relazioni tossiche perché l’unico linguaggio che conoscono è quello della sopraffazione e della paura.


Parlare di queste dinamiche è essenziale non per accusare soltanto, ma per comprendere e prevenire. La violenza in famiglia non è mai un fatto privato, perché i suoi effetti ricadono su tutta la società. Un bambino cresciuto nell’ansia e nella paura non porta solo la sua ferita porta un vuoto che chiede ascolto, un dolore che rischia di ripetersi nelle generazioni successive.


Solo rompendo queste regole silenziose e offrendo ai bambini spazi di ascolto, protezione e amore autentico, si può spezzare il ciclo della violenza e ridare alla parola “famiglia” il significato che merita rifugio, sicurezza, crescita.

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