sabato 2 agosto 2025

Il dolore dei miei zii




Ci sono ferite che non si vedono, ma che restano aperte per tutta la vita. Dolori silenziosi che attraversano gli anni, che si nascondono dietro sguardi spenti e sorrisi forzati. Una storia vera, familiare che parla della perdita, della forza che a volte vacilla, e della vita che, nonostante tutto, trova il coraggio di ricominciare.


Era il marzo del 1944. La guerra faceva da sfondo a ogni gesto quotidiano, eppure c’erano madri che uscivano a passeggiare coi loro bambini, cercando una parvenza di normalità tra le macerie della paura. Mia zia Maria, camminava con il piccolo Guido tra le braccia. Aveva appena cinque mesi, ed era il primo figlio tanto desiderato. Sembrava tutto tranquillo, quel giorno. Un mese dopo, però, Guido non c’era più, un’ influenza fulminante lo portò via in soli tre giorni.


Il dolore fu immenso, ma il tempo storico non lasciava spazio alla disperazione si doveva andare avanti, come tutti, con la morte che entrava nelle case come il freddo d’inverno, senza chiedere permesso. Così fecero anche i miei zii, cercando di stringersi l’uno all’altro, vivendo un giorno alla volta.


Alla fine del 1945 nacque un secondo figlio Giulio. Era un bambino fragile, affetto da una malformazione cardiaca. Sperarono, i miei zii, che la medicina potesse fare il miracolo. Aspettarono il momento giusto per operarlo, e nel 1950 arrivò quel giorno. L’intervento era rischioso, ma la speranza li teneva in piedi. Giulio però non si svegliò più. Morì sotto anestesia.


Due figli persi in meno di sei anni. Non c’erano più lacrime, né parole. Solo il vuoto.


Quella sera, sul balcone della vecchia casa di famiglia, i miei zii si affacciarono senza parlare. Il loro silenzio gridava forte. I miei genitori capirono subito e corsero da loro. Riuscirono appena in tempo a  impedirgli quel gesto estremo che avrebbe spezzato per sempre la nostra storia. Tutti piansero, e anche il pianto sembrava non bastare.


L’altra mia zia, era di nuovo incinta e quasi si vergognava di quella vita che cresceva in lei, mentre altri genitori seppellivano i propri figli. 


Aveva già due bambini in salute, e quel dolore altrui sembrava sporcare la sua gioia ma  la vita non si può fermare, anche quando pare ingiusta.


Passarono cinque anni prima che i miei zii trovassero il coraggio di tentare di nuovo. E nacque Anna una  bambina sana, dolce, che divenne per me quasi una sorella. 


Oggi sò che lei è stata il riscatto di una famiglia colpita duramente, il dono atteso con la paura nel cuore e le mani giunte.


La morte di un figlio è la frattura di un’esistenza, ma  due figli sepolti ancor prima che imparassero a vivere, è un dolore che va oltre ogni immaginazione. Eppure, i miei zii sono riusciti a restare in piedi. Feriti per sempre, ma vivi. Questa è la loro testimonianza, il loro silenzioso grido di amore e resistenza che gli adulti ci raccontavano per tenere vivo il ricordo dei nostri amati cuginetti

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