domenica 22 giugno 2025

Il silenzio sulla riva del fiume






Quando Lía nacque, il cielo sopra Leida era grigio come il piombo.Era il 1934 un anno in cui l’Europa respirava che nessuno ancora sapeva chiamare guerra. I canali tagliavano la città come rughe su un volto troppo serio, e le biciclette sfrecciavano lungo le strade bagnate. In quella terra piatta e straniera, venne alla luce una bambina minuta, dagli occhi profondi e dal respiro corto.

Sua madre, Marieke, una donna olandese dal viso chiaro e lo sguardo determinato, la strinse forte, come a proteggerla da un mondo che già sembrava respingerla. Ma Lía era diversa il suo piccolo cranio, gonfio e fragile, raccontava di una malattia sconosciuta ai più. I medici parlarono di idrocefalo. Lei non pianse molto, ma nei suoi occhi c’era qualcosa che parlava oltre le parole.


Il padre di Lía, un uomo di origini lontane, era arrivato in Europa con la passione del poeta e l’eco delle sue terre sudamericane nelle vene. Scriveva poesie infuocate, declamava giustizia e libertà, e parlava dell’amore come di un fiore sacro. Ma l’amore per sua figlia non fiorì mai. Quando la vide, appena nata, si ritrasse. Disse poco, ma fu abbastanza. «Una bambina malata… non sarà mai parte della mia vita.»


Se ne andò, lasciando solo versi e silenzi. Lía non venne mai citata nelle sue memorie, né in un verso, né in una lettera pubblica. Nascose la sua esistenza come si nasconde una vergogna sotto il tappeto di un salotto buono.


Marieke, invece, rimase. Dovette scegliere: piegarsi al dolore o farsi madre ogni giorno, con tutta la forza possibile. Lavorava, curava, cantava. Portava Lía a vedere i cigni nei canali, le parlava piano, le insegnava le parole anche se la bambina non le ripeteva mai. Lía sorrideva quando sentiva il suono dell’acqua o il profumo del pane caldo. Era silenziosa, ma attenta. Viveva in modo diverso, ma viveva.


Il tempo passava e il mondo si incendiava. La guerra si avvicinava a passi pesanti. Lía cresceva, seppure con difficoltà. I bambini la evitavano. Le persone abbassavano gli occhi. In una società che venerava la perfezione, Lía era un corpo estraneo. Marieke però non si arrese. Teneva un diario, dove annotava ogni piccolo progresso, ogni gesto della figlia. Scriveva: “Oggi ha sorriso alla pioggia.” Come se quei sorrisi potessero bilanciare l’assenza di un padre che aveva preferito la fama all’amore.


Lía morì giovane, prima di compiere nove anni. Il cuore cedette una notte d’inverno. La madre la trovò addormentata, con le mani intrecciate come se pregasse. Non c’erano medaglie, né titoli, né onori. Solo un piccolo funerale, e una lapide con il suo nome inciso in silenzio.


Il padre, ormai celebre, non venne. Continuò a scrivere poesie sul dolore del mondo, ignorando per sempre quello che aveva lasciato dietro di sé.


La storia di Lía non è fatta di grandi imprese o citazioni sui libri. È fatta di carezze invisibili, di battaglie silenziose, di amore senza spettatori. È una storia che non cerca vendetta, ma memoria. Perché anche le vite dimenticate meritano un nome, un posto, una voce.

E oggi, quel nome  Lía risuona come un sussurro che scavalca il tempo: “Esisto anch’io. Anche se non mi hai vista.”

sabato 21 giugno 2025

Quando l’anima bussa alla porta










C’è chi pensa che i figli arrivino quando è il momento giusto, altri credono che basti volerli. Non siamo solo corpi che generano corpi, ma anime che si incontrano, si cercano, si aspettano. 


A volte ci si illude che un figlio sia solo il frutto di un desiderio o di un progetto, ma in profondità potrebbe esserci molto di più. Forse ogni nascita è una risposta, una chiamata accolta, una promessa mantenuta da tempo immemore. Ma poi ci sono storie che non si spiegano così facilmente come quella di Elena e Marco, che provarono per anni ad avere un bambino. Medici, controlli, ormoni, attese, delusioni. 

Tutto sembrava giocare contro, a un certo punto si arresero, non per rassegnazione, ma per stanchezza. Scelsero di vivere la vita che avevano, con gratitudine, pur con quel vuoto che ogni tanto tornava a farsi sentire.


Fu in quel momento, quando avevano smesso di chiedere, che arrivò Sara. Un test positivo inatteso, una gravidanza senza spiegazioni cliniche, ma profondamente sentita come giusta.


Ci sono anime che bussano piano, con pazienza, non si impongono, ma restano in ascolto, sentono vibrare le ferite e le speranze dei futuri genitori.


 Non scelgono famiglie ideali, ma famiglie che pongono domande, che aprono sentieri, che talvolta feriscono  e proprio per questo possono guarire. 


L’anima che sceglie di incarnarsi non cerca comfort, cerca verità. Cerca il terreno giusto per fiorire, anche se è roccioso anche se sa che dovrà lottare per aprirsi al sole.


Ci sono bambini che arrivano per risvegliare, altri per accompagnare. Alcuni restano poco, ma lasciano segni indelebili. 

Altri restano a lungo e, nel tempo, diventano il cuore pulsante di intere generazioni. 


Ci sono coloro che portano con sé la leggerezza di un inizio, altri il peso sacro di ciò che va trasformato ma nessuna anima è mai un errore, anche quando la vita sembra negarle un posto oppure, la società non è pronta ad accoglierla.


Per ogni nascita, visibile o invisibile, c’è un disegno più grande che spesso sfugge alla comprensione razionale. L’incontro tra un’anima e una famiglia non è casuale è una trama tessuta altrove, un richiamo che attraversa il tempo.


Ogni figlio è una storia che comincia molto prima di nascere. 

È un incontro antico, a volte misterioso, ma mai privo di senso. 


Pensare all’anima come a una viaggiatrice consapevole, che sceglie dove e con chi camminare, ci restituisce uno sguardo più ampio sul senso della vita. 


Non si tratta di trovare risposte assolute, ma di accogliere ogni nascita  e ogni non nascita come parte di una danza invisibile, dove l’amore è la musica che tiene insieme tutto.

venerdì 20 giugno 2025

Cuori di Elio in un Cielo di Spilli






Viviamo in una società che ci chiede continuamente di essere forti, razionali, produttivi, ma dentro di noi siamo fragili, delicati, come palloncini gonfiati con l’elio dei sentimenti: amore, rabbia, paura, desiderio, nostalgia.

 Ognuno di noi porta dentro una miscela unica e instabile di emozioni, che fluttua invisibile agli occhi degli altri. Sembriamo leggeri, liberi, capaci di toccare il cielo… eppure ci basta un piccolo spillo una parola sbagliata, un gesto mancato, uno sguardo che ferisce per sentirci scoppiati, svuotati, senza più forma né voce.

Ci illudiamo di poterci proteggere costruendo corazze come freddezza, cinismo, indifferenza ma  la verità è che siamo tutti vulnerabili. 


C’è chi cammina con i nervi esposti, chi trattiene le lacrime dietro un sorriso forzato, chi nasconde il proprio dolore nel rumore del mondo. 


In un mondo che spesso celebra la durezza, la sensibilità sembra una debolezza ma è proprio quella la nostra bellezza è quella che ci rende umani.


Ogni giorno ci muoviamo tra gli altri altri palloncini, altri spilli senza sapere cosa portano dentro, senza immaginare quanto vicino siano al punto di rottura. Ecco perché la gentilezza diventa rivoluzionaria.


 Un gesto gentile è come una mano che sorregge anziché colpire. Un ascolto sincero è come un filo che ci lega, impedendoci di disperderci nel vuoto.


Siamo tutti palloncini pieni di sentimenti in un mondo pieno di spilli, ma possiamo scegliere possiamo essere noi gli spilli, pronti a far scoppiare ciò che non comprendiamo, o possiamo essere mani leggere, che accarezzano senza ferire. In un mondo che punge, la vera forza è restare leggeri… ma veri.

giovedì 19 giugno 2025

Il potere della mente









 Il potere della mente è una delle forze più straordinarie e meno comprese che ognuno di noi possiede. Non si vede, non si tocca, ma può trasformare completamente la realtà che viviamo.

La mente non è soltanto un insieme di pensieri che si susseguono in modo automatico. È un vero e proprio motore crea convinzioni, dà forma alle emozioni, condiziona il corpo e, spesso, determina il successo o il fallimento di ciò che facciamo.


Esso non è un concetto astratto, è qualcosa che possiamo attivare ogni giorno. È nella scelta di vedere possibilità invece che ostacoli. È nella capacità di restare fermi quando tutto trema. È nell’immaginare soluzioni quando non ne vediamo nessuna.


La nostra mente può essere prigione o chiave. Può costruire muri o spalancare porte, nutrire la paura o generare coraggio. Ed è nelle situazioni più difficili che questo potere si manifesta davvero.


Non c’è bisogno di essere un eroe. A volte basta fermarsi, ascoltarsi, cambiare il tono del dialogo interiore. Invece di dirci che non  ce la faccio, possiamo provare con posso provarci. Invece di abbattersi dicendoci è impossibile, iniziare da cosa potrei fare.


Tutti noi abbiamo dentro qualcosa di immenso, invisibile agli occhi ma decisivo per la nostra vita: la mente che pensa, sente, immagina e crea. Sta a noi allenarla come uno strumento vivo, come una torcia nel buio.


Il potere della mente non è la capacità di evitare i problemi, ma quella di affrontarli con risorse nuove.

Non è magia. È consapevolezza.

È il coraggio di guardarsi dentro, e iniziare da lì.  


La mente è come un giardino. I pensieri sono semi possiamo scegliere se coltivare fiori o erbacce.