mercoledì 10 dicembre 2025

Il passo che cura l’anima







Camminare è un gesto semplice, quasi invisibile, eppure è uno dei miracoli più silenziosi della vita umana. È naturale quanto respirare. Camminiamo per raggiungere un luogo, per scaricare l’ansia, per chiarire i pensieri, a volte perfino per fuggire da noi stessi. E spesso, senza rendercene conto, camminiamo per ritrovarci.

Una passeggiata ha il potere di rigenerare. Dopo una giornata faticosa, quando la mente è appesantita o le idee sembrano bloccate, bastano pochi passi per sentire che qualcosa si scioglie. Il corpo si muove e, insieme a lui, si rimettono in moto anche i pensieri. È come se il camminare aprisse uno spazio interiore in cui respirare meglio.


Jean-Jacques Rousseau ne era profondamente consapevole. Lo ricordiamo come filosofo e scrittore dell’Illuminismo, ma fu anche un instancabile camminatore. Amava talmente il cammino da farne materia di riflessione e di scrittura. Detestava la carrozza, preferiva affidarsi ai propri passi. Arrivò a percorrere a piedi miglia e miglia, come quando camminava da Parigi a Vincennes per andare a trovare l’amico Denis Diderot in prigione. Per lui non era un sacrificio, ma una condizione naturale dell’esistere.


All’epoca non c’erano strade asfaltate, né scarpe comode, né abbigliamento adatto. Solo sterrati, fango, pioggia, cappotti pesanti e calzature scomode. Eppure Rousseau continuava a camminare, perché il cammino non era solo movimento fisico era un’esperienza mentale e spirituale. Camminare gli permetteva di pensare in modo diverso, di lasciare che la coscienza scorresse libera, avanti e indietro nel tempo, seguendo associazioni imprevedibili di ricordi, idee e intuizioni.


Non sorprende che molti filosofi abbiano amato camminare. Socrate dialogava passeggiando nell’agorà, perché il pensiero, come il corpo, ha bisogno di movimento. Ma non sono stati solo i filosofi a comprendere la potenza del cammino.


Anche molti santi hanno trovato nella passeggiata una forma di preghiera. San Francesco d’Assisi camminava a lungo, spesso senza meta, attraversando campi e sentieri, in dialogo continuo con la natura e con Dio. I suoi passi erano un atto di umiltà e di ascolto ogni cammino diventava occasione di meraviglia, di gratitudine, di incontro con il creato.


San Pio da Pietrelcina, pur vivendo una vita segnata dalla sofferenza e dall’ascetismo, attribuiva grande valore al silenzio e ai piccoli gesti quotidiani. Anche le brevi passeggiate, vissute in raccoglimento, potevano diventare preghiera, spazio di presenza, tempo sacro in cui affidare a Dio il peso dei pensieri.


Oggi, invece, molte persone non camminano quasi più. Lavorano da casa, si spostano con un clic, attraversano il mondo restando immobili. Le passeggiate che un tempo accompagnavano la vita quotidiana sono state sostituite da schermi. La mente vaga, sì, ma resta intrappolata nel riflesso di un telefono o di un computer. Non sorprende che ansia e depressione siano diventate compagne così diffuse.


In tempi confusi e rumorosi, tornare a camminare può essere un atto semplice e rivoluzionario. Non serve una meta precisa. Basta uscire, mettere un passo davanti all’altro, ascoltare il respiro, osservare ciò che ci circonda. Camminare con consapevolezza o lasciare che i pensieri vaghino liberi. In quel movimento lento e umano si nasconde una felicità discreta, solitaria e autentica.


A volte, per ritrovare equilibrio e senso, non serve fare grandi cambiamenti. Basta fare una passeggiata

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