
Due amici intrapresero un viaggio insieme.
Visitarono la parte più povera dell’Africa.
Quando rientrarono si sentirono male entrambi, quasi contemporaneamente.
Avevano gli stessi sintomi di malattia: forti mal di testa, crampi allo stomaco e febbre alta.
Da una indagine medica scoprirono di aver contratto un virus molto pericoloso.
Senza esitazione, i due amici si rivolsero ad uno specialista del settore.
Giovanni era molto sensibile e andava in apprensione evidente quando la sua salute era minacciata.
Filippo, al contrario, si mostrava ottimista anche quando era veramente da preoccuparsi.
Lo specialista, parlando chiaramente ad entrambi disse:
-“Purtroppo state in una brutta situazione. Questo virus nel maggior numero di casi non ha perdonato.
Non esiste una terapia certa che riesca a debellarlo. Faremo il possibile con gli antivirali, ma non assicuro la buona risposta.
Sarà importante la vostra collaborazione per portare avanti uno piano operativo efficace. Comunque, valuteremo sulle procedure da seguire osservando l’evoluzione della malattia.”
Dopo queste parole, Giovanni andò in crisi profonda. Si chiuse in camera sua e si abbandonò alla tristezza.
Con il passare del tempo i sintomi si accentuarono e in meno di un mese morì.
Filippo, come era prevedibile, non se ne preoccupò. Considerò la malattia come un forte raffreddore di cui doveva smaltire gli effetti.
Quando le condizioni fisiche lo permettevano, cercava di ascoltare musica o guardava un film comico, così da dimenticare la malattia e il suo stato precario.
Dopo pochi giorni, Incredibilmente, i sintomi cominciarono ad affievolirsi e nell’arco di un paio di mesi scomparvero completamente.
Qualcuno parlò di miracolo pensando a ciò che era successo a Giovanni.
Morale: le parole provocano danni al pessimista, ma non hanno voce per l’ottimista.
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