venerdì 28 febbraio 2025

Non mentire mai a te stesso”



L’uomo che mente a se stesso e ascolta la propria bugia, arriva al punto che non riesce a distinguere la verità dentro di sé costruisce una realtà fittizia che,alla lunga, lo allontana dalla verità, dagli altri e perfino dall’amore. Senza verità e senza rispetto, l’amore diventa impossibile. 

Questi temi lì ritroviamo nei romanzi di Fëdor Dostoevskij

dove mette in luce il legame tra coscienza, colpa e redenzione.

La lotta interiore tra verità e menzogna, tra fede e dubbio, tra amore e distruzione.


 L’idea chiave è che l’autoinganno è una delle forme più insidiose di menzogna. Una persona che mente a se stessa finisce per perdere il contatto con la realtà sia esteriore che interiore. 


Questo porta a una crisi di identità, perché senza la capacità di riconoscere la verità, non può più fidarsi nemmeno di se stesso. L’autoinganno invece, porta all’isolamento e al cinismo. 


Viviamo purtroppo in un’epoca in cui è facile costruire false narrazioni su noi stessi, attraverso i social media o semplicemente negando aspetti della nostra vita che ci fanno soffrire. 


Dostoevskij ci ricorda che la verità è essenziale per la dignità personale e  per la capacità di amare. Il suo messaggio è più vivo che mai. 


Oggi, forse più che in passato, siamo immersi in un mondo di autoinganni: viviamo in un’epoca in cui è facile credere ad una versione distorta di noi stessi, convincerci di essere felici quando non lo siamo, o giustificare i comportamenti che in fondo sappiamo essere sbagliati.


 Il rischio è perdere Il contatto con chi siamo veramente e, come dice Dostoevskij, arrivare a non distinguere più la verità dentro di noi e nel mondo. 


Questo porta conseguenze reali: senza autenticità, le relazioni diventano superficiali sono illusorie si sgretolano e l’amore che ha bisogno di verità per esiste si svuota.


 È un messaggio forte, scomodo,ma proprio per questo importante. 


Recuperare la capacità di guardarsi dentro con onestà, accettare le proprie fragilità e rispettare gli altri significa recuperare anche la capacità di amare davvero.

giovedì 27 febbraio 2025

Una malattia inspiegabile e devastante “l’anoressia”




Ci sono momenti in cui la vita ti prende talmente alla sprovvista da lasciarti completamente senza parole. 


Una volta organizzammo un viaggio con la mia amica suo marito e la loro unica figlia Giorgia.


La nostra meta era un paesino straniero non conoscevamo la lingua ma Alice la mia amica,ci  faceva da interprete e da guida.


Eravamo in un piccolo ristorante locale,cercando di ordinare qualcosa da mangiare, ma è l’inizio di una storia intensa e toccante,una di quelle esperienze che segnano profondamente chi le vive, sia in prima persona che da vicino. 


Non conoscevo l’anoressia, non l’avevo sperimentata in prima persona e nessuno della mia famiglia aveva avuto a che fare con questa patologia, restai interdetta quando Alice prendendomi in disparte mi raccontò di sua figlia e della battaglia che lei e suo marito stavano combattendo da ormai tanto tempo.


L’anoressia, mi spiegò, non è solo una malattia del corpo, della mente e dell’anima, coinvolge tutti: chi ne soffre e chi le sta accanto, impotente di fronte a un dolore inspiegabile ma devastante. 


Giorgia era sempre stata una ragazza piena di vita, solare con grandi sogni. Ma col tempo, qualcosa dentro di lei aveva iniziato a spegnersi. 


Non era successo all’improvviso, non c’era stato un momento in cui tutto era cambiato. Era stato un lento scivolare in un baratro che le persone che le volevano bene, non avevamo saputo fermare in tempo. 


All’inizio erano piccole cose: “non ho fame”, “mangio dopo”, “solo un’insalata”. Poi le porzioni si riducevano sempre più, il cibo diventa un nemico, e il suo corpo si faceva sempre più fragile, leggero, quasi trasparente. 


Gli occhi però.  dicevano tutto: un misto di paura, controllo ossessivo e un dolore che non si poteva spiegare a parole. 


Noi cercavamo di parlarle, di farle capire che la stavamo perdendo ma l’anoressia aveva già preso il controllo. 


Ogni tentativo sembrava inutile, ogni parola rimbalzava su un muro invisibile. I medici parlavano di ricovero, di terapie di un lungo percorso di guarigione. Ma Giorgia non voleva sentire “sto bene”, diceva. E intanto, il suo corpo gridava il contrario. 


Poi è arrivato il giorno in cui il suo cuore non ha retto più. Un malore improvviso., La corsa in ospedale, le lacrime, la paura. È stato il punto di svolta. 


Forse è stato il dolore che ha letto nei nostri occhi, forse il terrore di essersi spinta troppo oltre. Ma da quel momento qualcosa lì è cambiato. 


Il viaggio non è stato dei migliori, avevamo programmato qualcosa di bello e invece questa esperienza, mi ha segnata profondamente.


Il cammino verso la guarigione è stato lungo e difficile, fatto di passi avanti e ricadute, di lacrime e piccole vittorie. 


Oggi Giorgia sta meglio. Non è ancora una storia a lieto fine, perché l’anoressia lascia cicatrici profonde. Ma ora lei vuole vivere, è questa è la cosa più importante. 


L’anoressia quindi, non è una semplice questione di cibo o volontà, ma una malattia che scava nell’anima e isola di chi ne soffre. Non basta dire “magia” per guarire, così come non basta l’amore di chi sta accanto per salvarla. 


Questo insegna che nessuno dovrebbe affrontare questo incubo da solo. Anche quando tutto sembra essere perduto, una mano tesa, una parola giusta al momento giusto, possono fare la differenza perdersi e ritrovarsi. Serve comprensione, pazienza e aiuto professionale.

mercoledì 26 febbraio 2025

La nostra realtà



Vi siete mai chiesti perché il vecchio modo di pensare non sta al passo con la realtà?… Tutto cambia, problemi orientamento,ecc… ma restiamo bloccati in schemi rigidi. E se l’intelligenza non fosse sapere le risposte, ma correre l’incertezza. 

Questa mia riflessione evidenzia come il pensiero tradizionale, basato su schemi fissi e certi, non riesca a cogliere la complessità e la dinamicità del mondo attuale. 


Il “vecchio modo di pensare” tendeva a cercare risposte definitive a classificare la realtà in categorie ben delimitate mentre oggi affrontiamo un contesto in cui le sfide come i nostri orientamenti, i problemi globali e le incertezze richiedono flessibilità ed una mente aperta. 


L’idea che “l’intelligenza non sia sapere le risposte, ma navigare incertezza” suggerire che il vero valore sta nell’adattabilità: sapere esplorare, mettere in discussione le proprie certezze e rimanere pronti a rivedere i propri termini alla luce di nuove informazioni. 


In questo modo, l’intelligenza moderna si esprime nella capacità di interro di abbracciare il cambiamento e di trovare nuove prospettive, anche in contesti ambigui e complessi. 


Tutto questo cambiamento del pensiero è necessario per affrontare la realtà in continua trasformazione, dove la rigidità mentale può ostacolare il processo e la comprensione profonda dei fenomeni. 


Riconoscere e accettare l’incertezza diventa quindi una risorsa fondamentale per innovare,  collaborare, e rispondere efficacemente alle  sfide contemporanee

martedì 25 febbraio 2025

Le carezze della pioggia



Ormai non ci facciamo più caso!

Però, se ci fermiamo un attimo a pensare possiamo renderci conto come sia ridicolo che tantissime goccioline d’acqua cadono sulla nostra testa dopo che con tanta fatica si sono sollevate dalla superficie terrestre per formare, prima nuvole e poi pioggia.

Queste incomprese goccioline cadono dove e quando vogliono, senza chiederci il permesso. Alcune genti le accolgono con gioia e speranzose per il futuro. Altre, come un’inutile scocciatura da sopportare.

Altre ancora, le attendono invano.

Le fervide goccioline cadono chiassose e si infilano ovunque.

Amano raccogliersi in gran quantità per andare in gita verso il mare.

Il loro entusiasmo è trascinante.

Sono così socievole che invitano chiunque nel loro viaggio e purtroppo, in alcuni casi anche contro voglia dell’invitato.

Corrono veloci, perché portano con sé il fardello della vita che si agita. Esse sono padrone della terra.

Quando pioverà ricordati di alzare la testa verso il cielo, certo ti bagnerai un po’ il viso, ma riceverai una carezza da Dio.

lunedì 24 febbraio 2025

Oltre questo mondo

 







Amica mia, sono sola con me stessa, la mia mente non ha pace, vuole rifugiarsi nel più lontano luogo della terra. 

Vuol cercare un’altra aria, un’altra gravitazione, vuol trovare un luogo dove ad attirare non è il peso del mio corpo ma la gioia della mia anima.

 I miei occhi non sanno dove posarsi perché il mio cuore sta ancora cercando ed è convinto di trovare. 

Certamente troverà, perché la sua natura è generosa e infinitamente buona.

 Il mio respiro carpito dall’emozione tradisce la tranquilla apparenza e lentamente si scoglie nella più dolce armonia.

Rapita nel mondo dell’impossibile dimentico tutte le mie ansie e assaporo la vita che vorrei.

 Il tuo viso sorridente disegna il contorno di un’emozione che mi spinge a correrti incontro e abbracciarti.

Dimentico che il corpo non mi ostacola e finisco per portarti dentro di me, fin al cuore.

Scopro il significato del respirar comune e della comunione degli spiriti.

Sperimento il più dolce e ricercato gusto del volersi bene.

 In questo mondo non c’è tempo per chiedere di restarci.

domenica 23 febbraio 2025

Il pensiero come motore emotivo


Si tende a dare scarsa importanza al pensiero come causa e spinta dell'evoluzione umana. Eppure, appare evidente che tutto si muove soltanto se prima è stato pensato.

Qualsiasi azione, seppure possa apparire come conseguenza di una abitudine, certamente ha avuto il suo momento in cui è stata "progettata" e quindi decisa da un lavoro del pensiero.

 La teoria dell’evoluzione di Darwin ci suggerisce a chiare lettere che ci siamo evoluti grazie ad un rapporto con l’ambiente sempre più favorevole e in forte sintonia con i bisogni materiali e psicologici. L’aspetto psicologico della questione, appare sottovalutato, anzi, subordinato alle trasformazioni fisiche.

 Ci sarebbe da pensare che forse si dovrebbe capovolgere l’idea dell’evoluzione legata all’aspetto fisco o alle funzioni vegetative, rispetto alle motivazioni più intrinsecamente psicologiche.

 Il pensiero è colui che guida l’azione e anche se disturbato dalla paura, dall’ignoranza e dall’istinto, è lui il motore responsabile della nostra evoluzione.

 Il pensiero, frutto della razionalità e dell’imitazione, interpreta il pericolo o il vantaggio che un’azione potrebbe determinare.

 Se date per vero, quanto detto, sarà facile ammettere che qualunque sia l’origine del pensiero, sarebbe meglio se potessimo ingannarlo e portarlo nell’euforia dove indipendentemente dal risultato finale, creiamo subito un habitat felice che possiamo considerare responsabile per la futura evoluzione della specie.

sabato 22 febbraio 2025

Cercare il significato della vita


Ti sei mai chiesto il "Perché di questa vita?". 


Perché viviamo? 


Qual è lo scopo di questa vita? 


La maggior parte delle persone nasce, si istruisce, va a lavorare, si sposa, procrea, se possibile ottiene un po' di fama, fama e ricchezza durante la vita, e poi muore.


 È tutto per questa vita su questa terra? 


Questo mondo meraviglioso e la preziosa vita su questa terra sono stati creati solo per questa vita di routine, che il 99% delle persone nel mondo conduce invariabilmente?


 Ti sei mai chiesto qual è il vero scopo della vita sulla terra?


Le persone sono così impantanate nella loro vita mondana e nei problemi correlati che porta con sé, che non hanno tempo di pensare se ci potrebbe essere di più nella vita su questa terra oltre a quelli elencati sopra. 


A proposito, non sto davvero incolpando le persone o affermando che una vita così ordinaria sia completamente sbagliata. 


Sappiamo che, anche del 99% delle persone menzionate sopra, difficilmente poche potrebbero davvero vivere la vita al meglio. 


Quanti realizzano tutti i loro desideri durante la loro vita e lasciano un po' di nome e fama quando muoiono?


Infatti, una delle prime filosofie di vita si concentrava solo su come vivere la vita al massimo ma nel "modo giusto". 


Il modo giusto si riferisce a una vita in cui le persone conducono una vita di verità e basata su valori eterni, rimangono contente di ciò di cui sono state dotate e di ciò che potevano ottenere, fanno il più bene possibile al mondo e muoiono con tutto il nome e la fama che potevano ottenere durante questo breve periodo.


Sfortunatamente, anche nonostante il raggiungimento di tutti i tipi di comfort e lussi materiali attraverso lo sviluppo intellettuale e tecnologico nel corso di 2000 anni, le persone, specialmente nel mondo occidentale, raramente potevano condurre un tale "modo giusto di vivere".


Ma ecco una sorpresa per il mondo occidentale che sta ancora lottando nonostante i progressi materiali e non è ancora riuscito a raggiungere nemmeno il tipo di vita di cui sopra per le persone nelle loro società: andare oltre la filosofia di base: "vivi bene, fai del bene e muori bene" dell'antico e concentrarsi su qualcosa di più fondamentale: "Perché esistiamo? 


Qual è lo scopo della nostra esistenza su questa terra? 


C'è uno scopo in questa vita?


Ecco il punto più importante: "una società non deve aspettare di raggiungere uno stato di vita materiale perfetto prima di poter affrontare le domande sul “perché della vita e se questa ha uno scopo al di là di ogni ragione pratica”.


Una vita vissuta con l'obiettivo di rispondere a se stessi “quale potrebbe essere lo scopo della vita e come raggiungerlo e consumarlo” può essere definita una “vita orientata spiritualmente”.  Mentre vivere secondo la verità e i valori eterni e fare del bene al mondo ecc. sono minimi basilari.

venerdì 21 febbraio 2025

Educare le nuove generazioni a dare il giusto valore alle persone




Educare le nuove generazioni a un linguaggio rispettoso aiuta a superare pregiudizi e stereotipi, creando un mondo in cui individuo sia riconosciuto per quello che con le sue passioni, capacità e sogni. 


Un’esperienza che mi viene in mente  citare  e che ha cambiato il modo in cui i miei alunni vedevano un compagno con disabilità .


Un giorno mentre ero in classe, un bambino mi ha chiesto, maestra e la sindrome di Down? 


Con leggerezza gli ho risposto lui e Luca questo è il modo giusto per spiegare e parlare ad un bambino per rieducarsi. Per liberarsi dal pregiudizio e dare la possibilità di un nuovo modo di percepire la persona con disabilità, alla nuova generazione è ridurre la sua disabilità a ciò che causa interesse, mancanza di opportunità ed emarginazione. 


Queste persone sono individui, ho spiegato con interessi, capacità e personalità diverse. 


Insegnare ai bambini a vedere prima la persona e non la sua condizione è fondamentale per costruire una società più inclusiva. 


Il linguaggio che spesso usiamo per spiegare questo tipo di condizione ha un impatto enorme sulla percezione che abbiamo degli altri: ridurre qualcuno alla sua disabilità significa negarli la complessità della sua identità. 


I compagni, nonostante la mia spiegazione esaustiva, nel tempo continuarono a ignorarlo, alcuni  lo trattavano con condiscendenza, altri lo escludevano dai giochi senza nemmeno rendersene conto. 


Così mi venne in mente di organizzare invece che la solita lezione teorica sull’inclusione un gioco di squadra in cui ogni bambino aveva un ruolo essenziale. 


Distribuì i compiti in base alla capacità di ciascuno e feci in modo che Luca fosse fondamentale per la vittoria del gruppo. 


Durante il gioco, i bambini si resero conto che Luca era bravissimo a ricordare dettagli importanti, e a motivare i compagni. Alla fine, la squadra vinse proprio grazie al suo contributo. 


Dopo questa esperienza, il modo in cui i bambini guardarono Luca cambiò. Non lo vedevano solo come “quello con la sindrome di Down”, ma come un amico con abilità uniche. 


Questo ci insegna e ci dimostra che spesso non servono grandi discorsi, ma esperienze concrete che facciano capire il valore di ogni persona.

giovedì 20 febbraio 2025

Il tempo non guarisce, ci insegna…





Il dolore per la perdita di una persona amata non scompare mai del tutto. Quel dolore è eterno


Cambia forma, si trasforma nel tempo, ma resta sempre con noi.e il segno provato, della profondità dei legame che ci univa a quella. È in un certo senso, e anche il modo in cui continuiamo con noi, a tenerla viva nostro cuore e nei nostri ricordi. 


Era una mattina d’inverno quando Luca si svegliò in una casa improvvisamente. Il silenzio era assordante. Ogni angolo portava il segno di suo figlio, eppure lui non c’era più. 


La cameretta era rimasta intatta, con i giocattoli ancora sparsi come se da un momento all’altro Alessandro potesse rientrare e rimettersi a giocare. 


Il letto disfatto, l’orsacchiotto preferito ancora lì, appoggiato al cuscino. Luca si sedette un attimo, prese quell’orsacchiotto e lo strinse forte forte al petto, come se potesse trattenerci dentro il calore di suo figlio, la sua risata, il suo profumo. 


Il dolore era un abisso. Non c’erano parole, non c’erano gesti che potessero riempire il vuoto che sentiva dentro. Camminava per strada e vedeva altri padri con bambini per mano, e ogni volta il cuore gli si spezzava un po’ di più. Il mondo andava avanti, ma il suo si era fermato Il giorno in cui aveva dovuto dire addio a suo figlio. 


Gli amici che gli erano vicini, dicevano che il tempo avrebbe alleviato la sofferenza ma Luca sapeva che non era vero. 


Il tempo non guarisce, il tempo insegna solo a convivere. Eppure, ogni tanto, Luca trovava un piccolo sollievo nei ricordi: il suono della voce di Alessandro, le storie della buonanotte, le corse nel parco. 


Era un dolore che non sarebbe mai svanito, ma era anche la prova che quell’amore, così grande, non sarebbe mai morto.