
Il dolore per la perdita di una persona amata non scompare mai del tutto. Quel dolore è eterno.
Cambia forma, si trasforma nel tempo, ma resta sempre con noi.e il segno provato, della profondità dei legame che ci univa a quella. È in un certo senso, e anche il modo in cui continuiamo con noi, a tenerla viva nostro cuore e nei nostri ricordi.
Era una mattina d’inverno quando Luca si svegliò in una casa improvvisamente. Il silenzio era assordante. Ogni angolo portava il segno di suo figlio, eppure lui non c’era più.
La cameretta era rimasta intatta, con i giocattoli ancora sparsi come se da un momento all’altro Alessandro potesse rientrare e rimettersi a giocare.
Il letto disfatto, l’orsacchiotto preferito ancora lì, appoggiato al cuscino. Luca si sedette un attimo, prese quell’orsacchiotto e lo strinse forte forte al petto, come se potesse trattenerci dentro il calore di suo figlio, la sua risata, il suo profumo.
Il dolore era un abisso. Non c’erano parole, non c’erano gesti che potessero riempire il vuoto che sentiva dentro. Camminava per strada e vedeva altri padri con bambini per mano, e ogni volta il cuore gli si spezzava un po’ di più. Il mondo andava avanti, ma il suo si era fermato Il giorno in cui aveva dovuto dire addio a suo figlio.
Gli amici che gli erano vicini, dicevano che il tempo avrebbe alleviato la sofferenza ma Luca sapeva che non era vero.
Il tempo non guarisce, il tempo insegna solo a convivere. Eppure, ogni tanto, Luca trovava un piccolo sollievo nei ricordi: il suono della voce di Alessandro, le storie della buonanotte, le corse nel parco.
Era un dolore che non sarebbe mai svanito, ma era anche la prova che quell’amore, così grande, non sarebbe mai morto.
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