sabato 27 luglio 2024

Auschwitz: I fiori che non sbocciarono mai

 






Vi siete mai domandati quanti bambini nacquero ad Auschwitz?, quante donne partorirono il frutto delle violenze subite all'interno dal lager?


Un numero preciso non è stato mai fornirlo, perché molti di loro vissero solo pochi minuti.


Le nascite avvenivano in condizioni sanitarie disastrose, le madri partorivano senza assistenza medica adeguata, spesso in baracche sovraffollate e sporche.


Di questi nati, circa la metà furono soppressi immediatamente dopo il parto dal personale del campo, annegati in un barile, altri morirono di fame freddo e malattie.


Era una pratica diffusa bendare i seni alle donne per impedire l'allattamento, in questo modo era possibile testare la resistenza dei bambini prima di morire di fame, oppure di legare le gambe alle donne durante il travaglio, per assistere alla loro sofferenza e alla morte lenta di mamma e bambino.


Solo pochissimi riuscirono a sopravvivere per qualche tempo grazie all’aiuto delle altre prigioniere.


Alcuni più fortunati, grazie alle loro caratteristiche somatiche, furono destinati all'adozione di coppie tedesche.


 I nazisti consideravano i bambini nati nei campi come un “peso inutile” e molti neonati venivano immediatamente uccisi. 


La registrazione delle nascite avvenne a partire dalla metà del 1943, al nuovo nato veniva assegnato un numero, tatuato sulla pelle.


Le donne prigioniere spesso cercavano di proteggere i neonati e le madri nascondendo le nascite o cercando di prendersi cura dei neonati. 


Questi atti di solidarietà erano estremamente rischiosi ma dimostrano la resistenza umana anche nelle condizioni più disumane


Le informazioni su questi bambini e le loro madri provengono principalmente da testimonianze dei sopravvissuti, poiché molti documenti ufficiali furono distrutti dai nazisti nel tentativo di coprire i loro crimini. 


La storia di Roberto e del suo amico Marco sopravvissuti all’olocausto ci fa riflettere sulla brutalità di cosa avvenne nei campi dì sterminio 


Roberto è un ragazzo tenuto prigioniero  insieme al suo compagno d’avventura Marco.

"Un giorno,si trovavamo vicini ai carretti per il trasporto dei bambini, dovevano farne salire a bordo alcuni, fino a completare un carico. 


Una SS si avvicinò, indicò con il dito un bimbo di un paio di mesi a Roberto e a Marco di lanciarlo sul carretto, per rendere l’ordine più chiaro, mimò il gesto con le braccia, disegnando un volo molto ampio.


Lanciarlo? chiese a Marco, sbigottito. Il tedesco insisté. 


Gli puntò contro il fucile, urlò, e a lui non rimase che eseguire. 


In un istante che durò un’eternità, la SS sollevò la sua arma, prese la mira e sparò al piccolo mentre era in aria, come fosse al poligono di tiro. 


Lo centrò in pieno, un suo collega, che osservava la scena da vicino, imprecò. 


Marco tirò un respiro di sollievo e pensò:”Meno male, c’è ancora qualcuno che ha nel cuore un po’ di umanità”.


Ma presto quello che aveva brontolato si calmò, si mise una mano in tasca e prese dei marchi. 


Accennò a un sorriso sforzato, strinse la mano all’altro e gli consegnò il denaro. 


Roberto Impiegherò un po’ per capire. 


Su quel tiro avevano scommesso, ecco spiegata la delusione del perdente.


Quel rituale fu fatto  più volte, ogni volta erano i due ragazzi a dover portare i bambini ai loro carnefici. 


Loro a lanciarli in aria, sotto la minaccia delle armi, con le SS che si esercitavano a colpirli mentre erano in volo."


Ricordare questi bambini e le loro storie è essenziale per comprendere la portata della tragedia dell’Olocausto e onorare le vittime. 


Le loro storie sono un monito del male assoluto rappresentato dai campi di sterminio e della resilienza degli esseri umani di fronte a tale malvagità.


La nascita e la sopravvivenza dei bambini ad Auschwitz sono un argomento di straordinario coraggio e resilienza umana, che rimane una parte cruciale della storia dell’Olocausto.

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