domenica 15 giugno 2025

Il sopravvissuto del sedile 11A



C’erano 242 persone a bordo del volo AI171, partito da Ahmedabad alle 5:42 del mattino, diretto a Londra. A quell’ora, la città dormiva ancora tra le ombre dell’alba e il caldo già soffocava l’asfalto delle strade.

Vishwashkumar Ramesh, 34 anni, cittadino britannico nato a Leicester da genitori indiani, era seduto al finestrino del lato sinistro, fila 11, posto A. Viaggiava da solo, tornava in Inghilterra dopo tre settimane passate con la nonna malata a Surat. Aveva chiuso gli occhi ancora prima del decollo, stanco ma sereno.


Quando l’aereo prese quota, qualcosa parve spezzarsi nell’aria: un rumore sordo, come un colpo sotto i piedi. L’aereo vibrò, beccheggiò. Una virata anomala lo fece sobbalzare. Gli schermi davanti ai sedili si spensero. Un grido, poi un altro. Il muso dell’aereo s’inclinò verso il basso.


Il mondo si capovolse.


Vishwashkumar ricorda solo frammenti le mani che cercano la cintura, l’urlo del metallo che si lacera, un lampo di fuoco oltre il finestrino. L’aereo si schiantò a 600 km/h contro un edificio studentesco di tre piani a Meghani Nagar, in un’esplosione di fiamme e detriti.


L’impatto aprì uno squarcio nella fiancata dell’aereo, proprio all’altezza del suo sedile. I corpi intorno a lui erano immobili, la fila 10 scomparsa in un ammasso di lamiere. Lui era incastrato, ustionato su braccia e spalla, la gamba sinistra contusa, ma vivo.


Uscì a carponi, stordito, attraverso un’apertura tra le lamiere piegate. Davanti a lui, fumo, sangue, urla in lontananza, un muro crollato. Il corpo tremava, ma i suoi occhi vedevano. Si trascinò fino a un’aiuola in fiamme, poi perse i sensi. Lo trovarono 13 minuti dopo, i vigili del fuoco, quasi nascosto sotto i resti di una zanzariera.


Al risveglio in ospedale, il viso bendato, Vishwashkumar chiese

Perché proprio io?


I medici gli dissero che era l’unico sopravvissuto. L’unico tra 241 anime.


Il sedile 11A, in un gioco atroce di geometrie e destino, era stato appena fuori dalla traiettoria dell’impatto più letale. Uno squarcio nella fusoliera e un momento di caos lo avevano spinto fuori, verso la vita, mentre tutto il resto veniva inghiottito dal fuoco.


Oggi Vishwashkumar dice che ogni mattina è un peso e un onore. “Non sono stato salvato per caso”, ha detto. “La mia vita è adesso anche per chi non c’è più.”

Nessun commento:

Posta un commento