mercoledì 4 giugno 2025

La Civiltà Invertita



 C’è qualcosa di profondamente rivelatore nell’osservare la natura. Nei boschi, tra alberi secolari e sentieri nascosti, gli animali vivono, si nutrono, si accoppiano, muoiono senza lasciare distruzione dietro di sé. 

Nessun lupo devasta la foresta, nessun cervo abbandona plastica, nessun uccello avvelena il fiume da cui beve. Eppure sono definiti “bestie”, come se fossero esseri inferiori. Gli uomini, invece, si autoproclamano “civilizzati”, ma sono spesso la specie meno rispettosa del mondo che li ospita.


Camminando nei boschi si percepisce la pulizia profonda della natura non è una pulizia sterile o artificiale, ma un ordine armonico. 


Le foglie cadute formano tappeti che nutrono il terreno. I resti degli animali si reintegrano nel ciclo della vita. Tutto ha un senso, una misura. Non c’è spreco, non c’è rifiuto nel senso umano del termine.


Quando un animale consuma, lo fa per necessità, se si muove, lo fa in relazione all’equilibrio dell’ambiente. 

Anche nella morte, l’animale restituisce qualcosa al mondo.


La verità è che l’essere umano ha perso il senso della misura e ha rotto questo equilibrio, crede di poter dominare la natura, di poterla piegare a piacimento, senza rendersi conto che in quel processo si sta dissociando da essa, e quindi da sé stesso. 


In nome del progresso e della comodità, ha iniziato a consumare senza limiti, a produrre beni che diventano rifiuti inarrestabili, a sfruttare risorse come se fossero infinite.


 Dove passa l’uomo, la natura si ritira, ferita. Plastica, metalli, inquinamento, rumore questi sono i segni della sua presenza e paradossalmente, lo fa spesso senza necessità reale, ma per abitudine, per disattenzione, per superficialità.


Abbiamo costruito una civiltà che si misura sul fare, sul costruire, sull’accumulare ma ci siamo dimenticati di una cosa fondamentale appartenere. 


Appartenere alla Terra, come tutte le altre creature.

Appartenere a un equilibrio più grande, che non siamo noi a governare. 

Gli animali non possiedono il nostro linguaggio, la nostra scienza o le nostre tecnologie. Eppure, nella loro esistenza semplice, rispettano la vita molto più di quanto facciamo noi.


Questa non è una condanna dell’umanità, ma un invito all’umiltà. Abbiamo capacità straordinarie possiamo curare, costruire, creare bellezza, intelligenza, tecnologia, cultura ma spesso si manca di umiltà.


Dobbiamo imparare a non distruggere ciò che ci permette di vivere. Il rispetto per l’ambiente non è solo una questione ecologica, è una questione morale. È la consapevolezza che non siamo padroni del mondo, ma ospiti.


Forse, se ci fermassimo più spesso a osservare il bosco, se ascoltassimo il silenzio degli alberi e il passo leggero delle creature che lo abitano, potremmo ricordarci di come si vive davvero in equilibrio.


Dovremmo reimparare ciò che gli animali non hanno mai dimenticato che ogni gesto ha un peso, ogni scelta una conseguenza, e che vivere con poco può voler dire vivere meglio.


La vera civiltà non si misura solo con le invenzioni o il progresso economico. Si misura con il rispetto, la cura, la consapevolezza. 


Se vogliamo chiamarci esseri “evoluti”, dobbiamo diventarlo davvero  e per farlo, a volte, basta guardare con umiltà chi chiamiamo “bestie” e riconoscere che in realtà, sono loro a vivere in armonia con la terra perché la civiltà non è nel possedere, ma nel saper convivere.

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