
La scienza descrive la luce come radiazione elettromagnetica, indispensabile per l’universo e per la vita. Senza la sua mediazione non esisterebbero atomi, materia, né coscienze capaci di interrogarsi, ma questa spiegazione, per quanto corretta, resta parziale.
La luce sfugge a ogni definizione chiusa ora appare come onda, ora come particella, e tuttavia non è mai solo una né l’altra. È realtà che si manifesta in modi diversi, a seconda delle domande che poniamo.
Heisenberg ci ricorda che non osserviamo la natura in sé, ma il riflesso del nostro sguardo su di essa. In questo senso la luce è simbolo di conoscenza: non solo ciò che illumina gli oggetti, ma ciò che ci rivela parti di noi stessi.
La vita di Helen Keller incarna questa verità. Privata della vista e dell’udito, avrebbe potuto rimanere chiusa nel buio. Invece, attraverso il linguaggio, trovò una luce interiore capace di aprirla al mondo e di renderla testimone di speranza. Il suo ottimismo non era ingenuo, ma fondato sulla certezza che il bene esiste e che ciascuno può coltivarlo dentro di sé.
Nella nostra epoca segnata dal dubbio e dalla paura, questa lezione è preziosa la realtà non è soltanto ciò che appare ai sensi, ma anche ciò che resta invisibile eppure ci sostiene. Così come la luce è al tempo stesso onda e particella, visibile e invisibile, anche l’essere umano vive sospeso tra ciò che vede e ciò che intuisce.
Il mistero della luce allora diventa un invito non fermarsi alle ombre parziali, ma imparare a scorgere in esse la presenza di qualcosa di più profondo. Perché la vera luminosità non è soltanto quella che illumina gli occhi, ma quella che accende la coscienza.
Non esiste buio per chi custodisce dentro di sé la propria sorgente di luce.
Nessun commento:
Posta un commento