
Elena lo scoprì quasi per caso due noduli, piccoli ma innegabili, le fecero intuire che qualcosa non andava. Bastarono pochi giorni per trasformare il sospetto in realtà: mammografia, biopsia, referti su referti. La diagnosi arrivò netta e senza possibilità di fuga: cancro.
La parola sembrava non appartenerle. Elena la guardava con distacco, come se fosse rivolta a qualcun altro. La negazione diventò un fiume che scorreva rapido, cercando di trascinarla lontano dalla verità. Ma i controlli successivi TAC, risonanze, nuove biopsie non lasciavano più scampo.
Poi entrò nella sua vita un termine sconosciuto chemioterapia neoadiuvante. Non un farmaco nuovo, come aveva ingenuamente sperato, ma quattro mesi di trattamenti aggressivi prima dell’intervento. Sei infusioni da affrontare, per testare la risposta del tumore e stabilire la prognosi. Non c’era più una sola “C”, ma due Cancro e Chemioterapia. Quale delle due fosse più dura da sopportare, nessuno avrebbe saputo dirlo.
Il pensiero della morte si affacciava spesso, a volte insinuandosi come un sollievo segreto. Se fosse stata sola al mondo, la scelta sarebbe sembrata quasi semplice. Ma c’erano i figli, il marito, gli amici che le riempivano il cuore di sostegno. Era impossibile arrendersi davanti a tanto amore. La presenza degli altri era al tempo stesso un peso e una salvezza, una responsabilità che la teneva ancorata alla vita.
Il primo giorno di chemioterapia fu un battesimo di paura. Durante l’infusione, una reazione allergica le tolse il respiro e le incendiò il petto. Le infermiere accorsero, il trattamento venne interrotto, poi ripreso lentamente. Elena giaceva sulla barella con il corpo in preda al dolore e la mente affollata da un unico pensiero: non poteva credere di avere il cancro.
Col tempo, arrivarono i segni visibili della battaglia i capelli caduti, la mente annebbiata, la stanchezza cronica, i dolori che sembravano non finire mai. Ogni giorno era una prova di resistenza. Nonostante tutto, accanto a lei c’erano sempre gli abbracci della famiglia, i messaggi degli amici, le preghiere di chi le voleva bene.
Ogni decisione scegliere o no la mastectomia, accettare o rifiutare la lotta sembrava sospesa tra la vita e la morte. Guardando i suoi cari, Elena vedeva riflessi i suoi stessi timori, ma anche la speranza. La morte, inevitabile per tutti, assumeva per lei un volto nuovo quello che obbliga a dare un senso diverso al tempo che rimane.
Eppure, in mezzo al dolore, una certezza resisteva l’amore. Nessuna malattia poteva scalfirlo, nessuna cura distruggerlo. Era l’unico terreno solido sotto i piedi di Elena, l’unica luce capace di resistere alle due ombre che tentavano di oscurare la sua vita.
Perché il cancro poteva colpire il suo corpo, la chemioterapia poteva ferirla e logorarla, ma una cosa restava inviolabile il suo amore. Nessuna malattia poteva attaccarlo, nessuna cura poteva spegnerlo.
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