lunedì 29 settembre 2025

Il peso della memoria e l’incapacità di trasformarla in coscienza








Ricordare il male è una delle azioni più difficili e, allo stesso tempo, più necessarie per l’umanità. Ogni volta che ci troviamo davanti ai segni di ciò che è accaduto guerre, stermini, ingiustizie, persecuzioni, tradimenti la memoria dovrebbe funzionare come una bussola morale, capace di orientare le generazioni future verso scelte diverse. Eppure, la storia ci dimostra che non basta ricordare per cambiare.

Il male viene ricordato nei libri, nei monumenti, nelle celebrazioni civili e religiose, nelle testimonianze tramandate da chi l’ha vissuto, ma spesso questa memoria resta sterile, non diventa trasformazione. Perché? Forse perché il ricordo, se non accompagnato da coscienza viva, rischia di essere rituale, un atto di memoria che consola la nostra coscienza più che metterla davvero in discussione. Si ricorda per onorare, per non dimenticare, ma troppo raramente si ricorda per prevenire.


La memoria, da sola, non ha potere se non è nutrita da un pensiero critico, da un impegno concreto, da una volontà di cambiare gli schemi che hanno permesso al male di manifestarsi. L’uomo, infatti, tende a separare il passato dal presente riconosce l’orrore di ieri, ma si giustifica nelle piccole ingiustizie di oggi. Così la memoria diventa un contenitore separato, come se il male appartenesse sempre a qualcun altro, mai a noi.


Eppure ricordare ha un senso profondo ci serve per riconoscere i segnali, le avvisaglie, i semi del male che ogni epoca porta con sé. Non basta sapere che c’è stato l’Olocausto, la schiavitù, i genocidi, le torture; serve comprendere come certe dinamiche di odio, esclusione, indifferenza e disumanizzazione possano rinascere sotto forme diverse, più sottili ma non meno pericolose.


Il valore del ricordo non sta quindi nel semplice custodire, ma nel trasformare la memoria in responsabilità. Serve a mantenere vivo il legame tra ciò che è stato e ciò che potrebbe accadere. Serve a non abituarsi mai al dolore altrui, a non considerare mai “normale” l’ingiustizia, ma soprattutto, a ricordarci che il male non è un evento straordinario della storia, ma una possibilità costante che abita l’essere umano.


Il ricordo autentico non è nostalgia né celebrazione è vigilanza è la scelta di non chiudere gli occhi davanti a nuove forme di oppressione, di non accettare passivamente le derive del presente. perché la memoria da sola non cambia l’umanità, ma l’umanità può cambiare solo attraverso una memoria vissuta come coscienza attiva.

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