sabato 6 settembre 2025

ll pescatore il mare e la lotta dell’anima







Vincenzo era un uomo che portava negli occhi la storia del mare. Ottant’anni di vento, di albe e di silenzi lo avevano temprato, eppure dentro di lui ardeva ancora quella fiammella ostinata che non voleva spegnersi la volontà di non arrendersi. 

Da tempo, ormai, non era più solo in quel cammino. Un ragazzo del villaggio lo seguiva ogni giorno come si segue un maestro, condividendo con lui il poco che la sorte concedeva. Tra i due era nata una complicità rara, fatta di rispetto e silenzi, in cui il giovane trovava una guida e il vecchio un riflesso di vita nuova, come se la giovinezza altrui potesse tenere vivo anche il suo cuore.


Ma il mare, che sa essere madre generosa e matrigna crudele, aveva deciso di voltare loro le spalle. Ottanta giorni passarono senza che le reti restituissero più di qualche inutile scaglia. E con la fame arrivarono le voci cattive del villaggio, quelle che insinuano e mordono il ragazzo avrebbe dovuto abbandonare il vecchio, smettere di sprecare la sua giovinezza accanto a chi non aveva più nulla da dare. Vincenzo comprese il tormento del giovane e, con una dolcezza che solo l’età sa concedere, lo invitò a proseguire da solo. “Io ho già vissuto la mia parte di mare”, pensava. “Tu hai ancora un futuro davanti.”


Il mattino seguente, decise di affrontare la sua battaglia in solitudine. Spinse la piccola barca tra le onde e lasciò che il vento gli graffiasse il volto, come a ricordargli che il mare non concede tregua. In cuore suo, però, fece un giuramento semplice e ostinato tornare a riva con un pesce, o non tornare affatto.


Le ore si consumarono lente, tra remi che pesavano come pietre e un freddo che sembrava voler entrare nelle ossa. Poi, all’improvviso, la rete si tese un pesce enorme, il più grande che avesse mai visto, era caduto nella sua trappola. Iniziò una lotta feroce, un duello antico tra uomo e mare. Le mani si aprirono in ferite sanguinanti, le braccia tremarono sotto il peso della resistenza, ma Vincenzo non mollò. Quella non era solo pesca era la misura stessa della sua vita.


Quando uno squalo, attratto dall’odore del sangue, si lanciò contro la barca, il vecchio trovò in sé una forza che sembrava impossibile. Non fu la paura a guidarlo, ma una determinazione che lo rendeva più grande della sua età. Colpì, resistette, si difese, e alla fine il mare cedette lo squalo sparì tra le onde, e il pesce rimase suo.


Rientrò al villaggio stremato, quasi spezzato dalla fatica, ma con nella barca un trofeo che lasciò tutti muti. I compagni di pesca guardarono quella creatura immensa con un misto di invidia e rispetto. Il ragazzo corse verso di lui, lo sorresse e vide nei suoi occhi qualcosa che andava oltre la vittoria materiale non c’era solo il trionfo di un pescatore, ma la grandezza di un uomo che aveva rifiutato di piegarsi.


In quell’istante, il giovane capì che Vincenzo aveva vinto molto più del mare. Aveva vinto se stesso, aveva trasformato la fragilità dell’età in un atto di fede e coraggio. La sua forza non stava nei muscoli ormai logori, ma nello spirito che aveva scelto di resistere. E in questa resistenza si trovava la sua immortalità.


Perché il mare, come la vita, toglie e restituisce ma solo chi non smette di lottare, anche quando tutto sembra perduto, può dirsi davvero vivo.

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