venerdì 31 ottobre 2025

Capire le vere radici dell’aggressività








L’aggressività è una delle espressioni emotive più controverse dell’essere umano, perché viene spesso confusa con la cattiveria o con la violenza. In realtà, la psicologia la considera una reazione naturale e antica, radicata nell’istinto di sopravvivenza. 

Fin dai tempi primitivi, reagire con forza o con rabbia era un modo per difendersi da un pericolo, proteggere il proprio territorio o affermare la propria posizione nel gruppo. Oggi, però, le minacce non sono più animali feroci o nemici reali sono parole, giudizi, frustrazioni quotidiane, sensazioni di esclusione o mancanza di riconoscimento. Eppure il cervello continua a reagire come se fosse in pericolo.


La psicologia individua nella frustrazione una delle cause principali dell’aggressività. Quando una persona desidera qualcosa e non riesce a ottenerlo che si tratti di attenzione, affetto, rispetto o controllo si genera una tensione interna difficile da gestire. Questa tensione, se non trova una via di sfogo sana, si accumula e si trasforma in rabbia. È come se l’energia emotiva restasse intrappolata dentro, fino a esplodere. In questo senso, la rabbia non è “il problema”, ma un segnale che qualcosa non sta funzionando un bisogno non viene ascoltato, un limite è stato oltrepassato, una ferita antica è stata toccata.


Dietro molte reazioni aggressive, infatti, si nasconde la paura. Paura di essere rifiutati, giudicati, feriti o non compresi. Quando ci si sente vulnerabili, si può reagire cercando di riprendere il controllo con la forza o con l’attacco. È un modo inconscio per proteggersi dal dolore ma così, invece di comunicare ciò che si prova, si alzano muri. 


La rabbia allora diventa una corazza, una difesa che spesso allontana proprio chi potrebbe capire. Anche la biologia ha un ruolo importante. L’aggressività è influenzata dall’attività di alcuni neurotrasmettitori come la dopamina, e dagli ormoni dello stress, come l’adrenalina. 


Quando il corpo percepisce una minaccia, questi ormoni preparano all’azione, accelerano il battito, aumentano la tensione muscolare e riducono la capacità di ragionare con lucidità. Per questo, nei momenti di rabbia intensa, si “perde la testa” la parte emotiva prende il sopravvento su quella razionale.


A tutto questo si sommano le esperienze di vita. Chi cresce in ambienti in cui la rabbia viene repressa o, al contrario, espressa in modo violento, impara a gestirla in modo disfunzionale. Alcuni diventano ipercontrollati, incapaci di manifestare le proprie emozioni, altri esplodono al minimo stimolo. L’educazione emotiva, purtroppo, è un terreno ancora poco coltivato, ma fondamentale per insegnare fin da piccoli che la rabbia può essere ascoltata, compresa e trasformata.


Riconoscere e gestire l’aggressività non significa eliminarla, ma imparare a darle una forma costruttiva. La rabbia può diventare una forza di cambiamento se usata per difendere i propri diritti, per dire “basta” a un’ingiustizia, per affermare i propri confini in modo sano. Serve però consapevolezza capire quando stiamo reagendo per difenderci e quando, invece, stiamo solo ripetendo vecchi schemi.


In fondo, l’aggressività ci parla di noi dei nostri limiti, delle nostre ferite, dei nostri bisogni nascosti. Trasformarla in consapevolezza significa trasformare la reazione in comprensione, la rabbia in voce, l’energia distruttiva in forza vitale, perché dietro ogni esplosione c’è una parte che chiede soltanto di essere vista, ascoltata e capita.

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