giovedì 13 novembre 2025

Dentro la mente dell’assassino








Quando si parla di omicidi efferati, come il caso di Garlasco, la domanda è sempre la stessa perché? Cosa spinge un essere umano a compiere atti di tale brutalità? Non esiste una risposta unica, ma una rete di fattori psicologici, emotivi e ambientali che, intrecciandosi, generano una violenza capace di superare ogni confine razionale.

La dissociazione è un meccanismo psichico che, in condizioni estreme, può frammentare l’esperienza della persona: ricordi, emozioni e identità si separano, rendendo “altro” ciò che prima era integrato. Quando si combina con traumi infantili, abusi o contesti di forte stress, può diventare il terreno fertile per comportamenti violenti, a volte di estrema crudeltà. 


Comprendere questi moventi non significa giustificare, ma capire come il dolore e la perdita di sé possano trasformarsi in distruzione.


La dissociazione può manifestarsi in forme diverse da episodi temporanei fino al disturbo dissociativo dell’identità. Nei casi gravi, il soggetto può vivere amnesie, sensazioni di distacco dal corpo o dalla realtà, e perdita di empatia. 


Non tutte le persone dissociate diventano violente; tuttavia, quando questa condizione si unisce a impulsi distruttivi o a parti della personalità che agiscono indipendentemente, il rischio aumenta.


Spesso la dissociazione nasce come difesa da traumi profondi. In chi ne soffre, convivono parti della personalità con ricordi e emozioni separati quando quella aggressiva prende il sopravvento, la realtà si deforma e la vittima può diventare il simbolo di un dolore passato. In questi stati, la persona perde il contatto con la realtà la vittima non è più vista come un essere umano, ma come un oggetto. Questo distacco riduce l’empatia e facilita la crudeltà.


Altre volte, la violenza nasce dal bisogno di controllare sé stessi o di integrare parti interiori frammentate. In casi rari, la dissociazione si accompagna a componenti sadiche, dove la sofferenza altrui procura sollievo.


 I fattori di rischio principali sono traumi infantili ripetuti, isolamento sociale, abuso di sostanze, altri disturbi psichiatrici o eventi che riattivano memorie traumatiche.


Dal punto di vista forense, la dissociazione rende complessa la valutazione della responsabilità penale in certi casi può ridurla, ma ogni situazione va analizzata da esperti. È importante ricordare che la maggior parte delle persone con disturbi dissociativi non è pericolosa.


La prevenzione passa dalla cura precoce dei traumi e da terapie mirate, come la terapia focalizzata sul trauma o la terapia integrativa per disturbi dissociativi. Anche negli ambienti giudiziari, percorsi terapeutici e monitoraggi multidisciplinari possono ridurre la recidiva.


Analizzare la mente dissociata non significa assolvere chi commette violenza, ma comprenderne le radici per prevenirla. La violenza non è inevitabile con il giusto intervento, molte persone traumatizzate riescono a trasformare il dolore in consapevolezza. Capire i moventi dissociativi serve per costruire una giustizia capace di distinguere tra punizione e cura, e per impedire che altre vite vengano travolte da un dolore antico e non elaborato.

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