lunedì 7 luglio 2025

Il linguaggio silenzioso del bisogno









I bambini, spesso, tengono le gambe rannicchiate al corpo. Un gesto semplice, apparentemente casuale, eppure profondamente carico di significato. È una posizione che richiama l’origine, il grembo materno, la protezione assoluta. 


Prima ancora di conoscere il mondo, il bambino ha conosciuto il contenimento, l’abbraccio caldo e silenzioso dell’utero. 

Rannicchiarsi  è, in fondo, un ritorno a quella memoria corporea un rifugio istintivo e primitivo.


Questa postura non è solo una posizione fisica. È un linguaggio. I bambini non parlano solo con la voce parlano con il corpo, con gli occhi, con i silenzi. 


Quando si rannicchiano, cercano contenimento, sicurezza, un confine tra sé e ciò che li circonda. Forse sono stanchi, forse turbati, forse hanno solo bisogno di sentirsi tenuti. 


Le gambe raccolte al petto formano un cerchio, un piccolo nido in cui si sentono al sicuro. È il modo in cui il loro corpo dice Ho bisogno di protezione, Non mi sento al sicuro,o semplicemente Voglio tornare a casa.


Per questo motivo, osservare come si muove un bambino, come si rannicchia, può dirci molto più di mille parole. E noi adulti, spesso troppo presi dal dovere di spiegare, correggere o riempire di stimoli, dovremmo imparare a fermarci a guardare. A leggere quel gesto piccolo, silenzioso, ma così eloquente.


Quel corpo ripiegato su se stesso non chiede giudizio. Chiede presenza. accoglienza, uno spazio in cui potersi ancora sentire piccolo, senza dover dimostrare niente a nessuno.


Nel mondo frenetico e rumoroso degli adulti, un bambino rannicchiato ci ricorda che c’è un tempo per la corsa e un tempo per il ritorno, che crescere non significa perdere la tenerezza dell’inizio e che spesso, il primo vero gesto d’amore non è dire qualcosa… ma saper restare lì, in silenzio, accanto a quelle gambe rannicchiate.

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