
Era una di quelle giornate storte pioggia battente, semafori eterni e una notizia ricevuta male. Marta camminava a testa bassa, il cappuccio tirato su, il cuore stretto come il nodo che da giorni sentiva in gola.
Non parlava con nessuno da ore. Anche il cellulare era silenzioso nessun messaggio, nessuna chiamata. Ma in fondo, non avrebbe saputo nemmeno cosa dire.
Si sedette sotto la pensilina del tram, le mani fredde nelle tasche, e un respiro che tremava più della pioggia. Aveva voglia di piangere, ma non usciva una lacrima. Solo stanchezza.
Fu allora che la vide arrivare.
Giulia. Il suo maglione grigio largo e stropicciato, la borsa sempre troppo piena e quello sguardo che ti legge dentro senza chiedere permesso.
Non disse nulla. Si sedette accanto a lei.
Solo un silenzio buono, morbido, pieno.
Dopo qualche minuto, Giulia tirò fuori un pacchetto di biscotti quelli al cacao che Marta amava da bambina e glielo porse. Marta sorrise appena, accennando un grazie con gli occhi.
Poi, con naturalezza, Giulia le mise una mano sulla spalla. E basta. Nessun discorso, nessuna soluzione. Solo presenza. Solo esserci.
E fu in quell’istante che Marta lo capì ci sono amicizie che non si chiamano amicizie. Si chiamano casa.
E Giulia era la sua.
Perché a volte l’anima riconosce chi ci appartiene, ancora prima che il cuore abbia il tempo di rendersene conto.
Si parla di legami rari, quelli che sfuggono alle etichette. Non serve chiamarli amici del cuore o migliori amici, confidenti perché sono qualcosa di più profondo sono rifugi. Sono persone che non cercano di capire, perché già comprendono. Sono quelle che appaiono nei momenti in cui non hai la forza di chiedere, ma loro sanno. E ci sono.
E quando accade, non è fortuna. È riconoscimento.
L’anima, in silenzio, ha scelto. E il cuore, grato, le va dietro.
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