mercoledì 16 luglio 2025

La più brava della classe



Chiara varcò il portone con passi esitanti, stringendo le spalle come per proteggersi da qualcosa che ancora non conosceva. Attorno a lei, bambini che ridevano troppo forte e altri che tenevano il viso basso, come se lo zaino fosse pieno di più paure che quaderni.

Era il primo giorno, e nessuno glielo aveva davvero spiegato quel tipo di giorni hanno una grammatica segreta, fatta di nuovi odori, voci sconosciute, gesti che ancora non sai se imitare o evitare.


Antonio, il collaboratore scolastico le indicò l’aula. Lei lo seguì con lo sguardo, poi con i piedi, poi con il respiro. Entrò in silenzio e in punta di piedi.


Scelse il banco accanto alla finestra, forse per sentirsi più vicina al cielo che al resto della classe. Si sedette senza far rumore, quasi a non disturbare l’aria. Le mani appoggiate al grembiule, lo sguardo che correva avanti e indietro sui volti, sulle cartelle, su quel grande spazio sconosciuto.


L’aula era ampia, piena di banchi disposti in rigide file parallele. In fondo, una cattedra su una piccola pedana. Sembrava un palco, e Chiara si chiese chi avrebbe recitato la prima battuta.


Le pareti erano tappezzate di carte geografiche un po’ scolorite, e disegni appesi con lo scotch stanco. Sembrava tutto troppo serio, troppo grande, troppo lontano da lei.


Nessuno le parlò. Nessuno si sedette accanto.

Ma lei rimase lì, composta e silenziosa, cercando di non far notare il tremolio delle ginocchia sotto il banco.


Nel silenzio che precede ogni inizio, Chiara imparava che a volte il coraggio non è un grido, ma una bambina ferma al suo posto, che guarda fuori dalla finestra e non scappa.


Passarono i giorni, e Chiara restava al suo posto. Attenta. Invisibile. Gli altri bambini ancora non la cercavano, ma le maestre sì. Perché c’era qualcosa in quella bambina che ascoltava senza interrompere, che imparava senza rumore, che sembrava scrivere con la stessa cura con cui si chiede permesso.


Ogni parola nuova diventava per lei un tesoro da custodire. Ogni compito un piccolo ponte tra quel banco vicino al cielo e il mondo degli altri. Non alzava mai la mano per prima, ma quando parlava, le sue risposte erano precise, pensate, profonde.


Fu la maestra a dirlo per prima, quasi sottovoce, mentre correggeva un tema

È la più brava della classe.


Chiara non sentì quelle parole, ma forse le intuì. Perché, senza cambiare posto, iniziò a cambiare postura. La schiena un po’ più dritta, il viso meno nascosto dai capelli, la voce che ogni tanto usciva, piano.


Un giorno, qualcuno si sedette accanto a lei. E poi un altro.Chiara non cercava di essere la migliore, solo un modo per restare. E senza accorgersene, divenne il punto fermo. Il cuore silenzioso dell’aula.


Non fu una medaglia a renderla speciale. Fu il coraggio, lieve e testardo, di riempire quel banco ogni mattina con se stessa.

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