
L’essere umano è complesso, tentare di conoscerlo nel suo complesso è un’impresa affascinante quanto presuntuosa.
Molti studiosi si sono avventurati e hanno tirato fuori qualche teoria interessante, ma restano comunque idee discutibili, anzi, hanno gettato benzina su un fuoco che era già incendio.
Un fatto è certo. Ognuno di noi nascendo è costretto a sopravvivere.
Questa incombenza è un macigno che ci portiamo sulle spalle e che ci impedisce di guardarci attorno.
Non riusciamo, per la fatica, nemmeno a guardarci fra noi, poiché rimaniamo paralizzati dalla diffidenza.
Solo parvenze di intimità ci leniscono il dolore di una solitudine voluta da una natura, di cui facciamo parte, ma non ne siamo padroni.
Essere consapevoli che la vita dovrà terminare ci forza a pensare alla morte.
Il crudele automatismo si innesca così: “So di dover morire e cerco di non pensarci, occupando il tempo a trovare il sistema migliore per dimenticare”.
Alla fine del percorso molti si rendono conto che hanno rincorso la propria coda, consumando il prezioso tempo vita.
Mi ricorda la storia di un cane che, lasciato solo per intere giornate, al rientro del suo padrone, iniziava a rincorrere la propria coda impedendo al padrone di
Vi apparirà evidente che il cane divorato dall’ansia di rivedere il proprio padrone, perdeva tempo inutilmente prima di consumare il suo piacere di essere accarezzato.
In altre parole, il surrogato di un piacere ha fatto in modo che si sia dimenticato il vero piacere.
È verosimile pensare che, conducendo una vita tutta presa dal lavoro, diventi inevitabile posticipare o a non occuparci mai di questioni più vicine alla sfera umana.
Ed ecco che l’età e la cultura intervengono come bastone e carota per il povero uomo.
L’età, mentre avanza, ti costringe a sentire sempre più forte il peso del macigno e ti fa sperimentare a piccoli passi che cosa significa morire.
La cultura, come una droga, ti fa dimenticare il peso del macigno e abbassa la sensibilità alla stanchezza, sebbene a intervalli di tempo ti illuda di essere così speciale nell’universo fino a far apparire la morte come un’antipatica sosta o un angusto passaggio della natura.
Resta innegabile che accettare il pensiero della morte è un passaggio durissimo.
Solo la religione e il fascino del mistero potrà aiutarci a precorrere quei sentieri visti sempre lontani, poiché in questi percorsi non c’è bisogno di ragionare; basta la fede e la speranza.
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