
La paura è un presupposto dell’essere che teme per la propria sopravvivenza e si manifesta con una rottura dell’equilibrio psicologico e fisico, mettendo in guardia, così, corpo e anima per la difesa comune contro la minaccia.
Il corpo e l’anima si coalizzano per la battaglia comune e per sconfiggere lo stesso nemico.
Il corpo utilizza strumenti che gli sono propri e cioè, idioti.
Recupera dai propri ricordi storici reazioni o atti comportamentali che, anche in modo ingiustificato, hanno prodotto risultati utili in situazioni simili.
Per esempio, se in eventi precedenti la paura è stata attenuata da un urlo irruente, il corpo adopererà lo stesso meccanismo che in quel caso aveva ottenuto un effetto positivo. L’opportunità per la scelta dell’azione accampata è garantita soltanto dal ricorso storico.
La stupidità del criterio consiste nell’applicare la regola meccanicamente e indipendentemente dell’evento che ha scatenato la paura.
L’anima, raffinata, invece, utilizza tecniche molto più articolate e personalizzate con le caratteristiche del soggetto.
Il mondo dell’anima, diviso tra la razionalità e l’istinto, si rivela attraverso livelli di profondità di pensiero e della sensibilità emotiva.
Il pensiero conduce al predire lo sviluppo del fenomeno in corso per regolare il grado di pericolosità a cui si va incontro. La sensibilità sperimenta l’intensità del dolore prossimo.
Unendo le tre tecniche si ottiene una conformità che nella stragrande maggioranza dei casi è sbilanciata.
Si fluttua tra reazioni che vanno da quelle solo fisiche, con buio completo della razionalità e grande esperienza di dolore, per giungere a quelle fredde, indifferenti con grande chiarezza di riflessione e assenza di dolore.
Ciascuno di noi sceglie un luogo in questa rampa del “percepire” la paura.
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