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Anna nacque in una notte piovosa di novembre. Sua madre, Laura, aveva solo vent’anni e nessuna intenzione di diventare madre. Suo padre, invece, non c’era già più.
Crescendo, Anna imparò in fretta a riconoscere l’assenza. La vedeva negli occhi spenti di sua madre, nelle carezze mai date, nelle parole fredde che le venivano rivolte solo quando necessario. Non c’erano racconti della buonanotte, né baci sulla fronte prima di dormire. C’erano solo silenzi, lunghi e pesanti, e la sensazione costante di essere fuori posto.
A scuola, Anna si rifugiava nei libri. Lì, tra le pagine, trovava madri amorevoli e padri premurosi, famiglie che ridevano insieme e bambini che si sentivano importanti. Leggeva di principesse salvate e di orfani che trovavano una casa. Ma ogni volta che chiudeva il libro, la realtà la riportava indietro: a un appartamento freddo, a una madre che la guardava con gli occhi di chi vede solo un errore.
Un giorno, all’età di dieci anni, Anna chiese a sua madre:
Perché non mi vuoi bene?
Laura, colta alla sprovvista, rimase in silenzio per un lungo momento. Poi sospirò, posò la tazza di caffè sul tavolo e disse:
Non è che non ti voglio bene… È che non sapevo come fare.
Anna non rispose. Non era la risposta che voleva, ma forse era l’unica che sua madre sapeva darle.
Quella sera, però, qualcosa cambiò. Quando si mise a letto, per la prima volta in dieci anni, sentì la porta della sua stanza aprirsi piano. Sua madre si avvicinò, esitante, e con un gesto impacciato le posò una coperta sulle spalle.
Anna chiuse gli occhi e sorrise nel buio, non rispose. Sentiva un nodo alla gola, ma non voleva piangere. Non davanti a sua madre.
Quella notte, mentre era sdraiata nel letto, si fece una promessa: un giorno sarebbe stata lei a scegliere chi voleva essere. Non sarebbe stata l’ombra di un errore, né il peso di un rimpianto. Avrebbe trovato il suo posto, anche se nessuno glielo aveva lasciato.
Da quel giorno, iniziò a immaginare un futuro diverso. Studiò con più impegno, sognò più in grande. Sapeva che sua madre forse non l’avrebbe mai amata come nei libri che leggeva, ma decise che non avrebbe lasciato che quell’assenza la definisse.
Gli anni passarono, e quando finalmente lasciò quella casa, si sentì leggera, come se si fosse tolta un peso dalle spalle. Non si voltò indietro. Non perché volesse scappare, ma perché sapeva che il suo destino era altrove.
E forse, un giorno, avrebbe trovato qualcuno che l’avrebbe guardata con occhi diversi. Non come un errore, ma come un dono.
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