venerdì 16 maggio 2025

L’incontro alla fermata


Ci sono momenti nella vita in cui ciò che accade sembra scritto da una mano invisibile, come se un filo sottile unisse destini lontani in un preciso istante. È quando il quotidiano si tinge d’imprevisto, e la routine si interrompe per accogliere qualcosa o qualcuno che chiede solo di essere visto, riconosciuto, accolto.  


Ricordo di quell’incontro inatteso, nato all’alba di un giorno qualunque, davanti a una fermata dell’autobus.


Ero a casa di una mia amica. Lei era con suo figlio, godevamo quella quiete mattutina che precede il brusio della giornata. 


Mentre guardavo dalla finestra, vidi Mirko di cinque anni, piccolo e attento, in attesa del suo autobus scolastico. Amo osservare e in quel momento mi emozionò, lui con lo zainetto troppo grande, il cielo ancora impastato d’alba, il silenzio rotto solo dai suoi passetti impazienti.


Poi, dal nulla, qualcosa cambiò. Un’ombra nera si mosse accanto alla fermata. Un cane nero apparve come una figura scolpita nel vento magro, spettinato, un po’ selvaggio. Il cuore mi balzò in gola. Senza riflettere, corsi fuori.


Lo chiamai a voce bassa, con un misto di apprensione. Il cane si voltò, i suoi occhi cercarono i miei. Non corse, non ringhiò. Scodinzolò. E in quel gesto, c’era tutta la sua storia fame, sete, solitudine… ma soprattutto, fiducia.


Non aveva collare, né medaglietta. Solo il corpo segnato da giorni di vagabondaggio e un’anima che, nonostante tutto, non aveva smesso di sperare.


Chiamai il canile, raccontai cosa era successo, mi chiesero se potevo tenerla per un po’, fino a che qualcuno non si fosse fatto avanti. E io dissi sì. 


Come si poteva dire di no a quello sguardo che chiedeva solo un posto dove sentirsi al sicuro?


Non so se qualcuno la reclamerà mai. Forse sì, forse no. 


 Da quel giorno, davanti a quella fermata dell’autobus, Laura mi disse che non c’è più solo Mirko che aspetta il pullman, c’è anche lei, sdraiata vicino a lui, con lo sguardo attento e la coda che batte piano sul marciapiede.


Due cuori piccoli, ma già capaci di riconoscersi e forse, in fondo, è proprio così che nascono le famiglie.

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