
Ogni giorno, a Gaza, bambini come Samir perdono tutto in un istante. La guerra non fa distinzioni, non risparmia innocenti.
Samir aveva solo 12 anni. Una notte come tante, in un luogo dove la paura è ormai una compagna quotidiana, il boato di un’esplosione ha spazzato via la sua casa e la sua famiglia. Genitori, fratelli, forse anche amici che si trovavano lì tutti cancellati in un attimo.
Ora Samir è solo. Forse è ferito, forse ancora sotto shock, forse si chiede perché sia stato risparmiato. Ma una cosa è certa, il mondo gli ha tolto tutto.
E come Samir, ci sono centinaia, migliaia di altri bambini che stanno vivendo lo stesso incubo. Storie che si somigliano, fatte di perdite, di dolore, di vite spezzate troppo presto.
Di fronte a tutto questo, possiamo solo chiederci: fino a quando?
Quanto ancora dovranno soffrire gli innocenti prima che la guerra ceda il passo alla pace?
Samir vaga tra le macerie con lo sguardo perso. Il fumo nell’aria irrita gli occhi, ma le lacrime non riescono a scendere. Non c’è più nessuno a consolarlo, nessuno a prendergli la mano e dirgli che andrà tutto bene. Perché non andrà bene. Non può andare bene, non dopo quello che ha visto.
Forse qualcuno lo ha trovato, un vicino, un soccorritore. Qualcuno che lo ha portato via da quel cumulo di rovine che, fino a poche ore prima, era la sua casa.
Ma dove lo porteranno?
Chi si prenderà cura di lui?
In un posto come Gaza, dove la vita è fragile e il domani è un’incognita, anche i più forti faticano a sopravvivere. Figuriamoci un bambino rimasto solo.
Samir non parla. Guarda le mani sporche di polvere e sangue e pensa ai suoi genitori, ai suoi fratelli. Li rivede nella mente, come se fossero ancora lì, come se da un momento all’altro potessero riapparire. Ma non torneranno. E lui lo sa.
Intorno a lui ci sono altri bambini. Alcuni feriti, altri in silenzio, lo stesso sguardo vuoto. A Gaza non ci sono più infanzie. Solo attese di tregue che durano troppo poco, attese di aiuti che non arrivano, attese di un domani che potrebbe non esistere.
E mentre il mondo guarda, mentre i potenti discutono, mentre le notizie si susseguono una dopo l’altra, Samir rimane lì, con un vuoto nel cuore che nessuno potrà mai colmare. Un altro bambino senza futuro, in una terra che di futuro non ne ha più.
La storia di Samir non è solo la sua storia. È il grido silenzioso di un popolo intrappolato in un conflitto senza fine, il volto innocente di una guerra che non fa distinzioni, che distrugge famiglie, sogni, speranze.
Forse che la sofferenza dei bambini dovrebbe essere il limite invalicabile per ogni guerra, che nessuna causa, nessuna strategia, nessuna vendetta può giustificare la morte degli innocenti.
Eppure, il mondo continua a guardare, a indignarsi per un attimo, per poi distrarsi con qualcos’altro. Ma Samir resterà lì, tra le macerie della sua infanzia, insieme a migliaia di altri bambini che hanno perso tutto.
Forse la vera domanda è: quanto ancora lasceremo che accada?
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