sabato 19 aprile 2025

Bambini con lo smartphone, adulti smarriti



 Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia accompagna ogni istante della nostra vita, e non c’è nulla di male in questo: è uno strumento potente, utile, affascinante, ma quando finisce per sostituire l’esperienza diretta della realtà, soprattutto durante l’infanzia, allora il rischio non è solo educativo, ma umano.


 È sempre più frequente sentire genitori vantarsi delle abilità tecnologiche dei propri figli piccoli, come se la precocità digitale fosse un merito assoluto. 


Ma a che prezzo?


L’altro giorno ero in pineta.

Una di quelle giornate limpide, col cielo pieno di vento e bambini che dovrebbero correre, cadere, rialzarsi. 


Invece c’erano solo due piccoli in bicicletta, e altri cinque… seduti su una panchina, ognuno col suo telefono in mano.

Uno di loro, avrà avuto sei o sette anni, stava cercando un filtro su TikTok, la madre, fiera, si avvicina e dice a una sua amica:

“È un genio sa usare tutto da solo: telefono, tablet, persino la smart TV  è avanti anni luce”.


Io le guardo, e dentro di me qualcosa si spezza perché non è un prodigio è una perdita. Vedo un’infanzia che svanisce in silenzio mentre noi adulti applaudiamo, convinti di star facendo qualcosa di moderno, di intelligente.


A sei anni si dovrebbe imparare a pedalare senza rotelle, a costruire un castello con i sassi, a inventare una storia disegnando con le dita sporche di tempera.

A quell’età si imparano i gesti lenti, le frustrazioni necessarie, la magia delle cose semplici. Non ad usare un cellulare.


Ma il punto non è solo il bambino.

Il punto siamo noi adulti che li intratteniamo per non doverci mettere in gioco e  che li “teniamo buoni” con uno schermo per poter finire una conversazione, una riunione, una cena e  che scambiamo la comodità per educazione.


E così…,mentre ci raccontiamo che sono svegli, che sono “al passo coi tempi”, stiamo semplicemente dimenticando che il tempo dell’infanzia non tornerà più.


Quella che dovrebbe essere un’età fatta di giochi all’aperto, di esperimenti con il corpo e con il mondo, si sta trasformando in un’età passata davanti a uno schermo. 


Insegnare ai bambini a usare uno smartphone prima che imparino a conoscere se stessi, il proprio corpo, gli altri, è come dar loro una macchina senza aver insegnato loro a camminare.


Se non saremo noi adulti a riportare equilibrio, rischiamo davvero di allevare una generazione tecnicamente competente, ma emotivamente analfabeta sapranno  usare un linguaggio certo, ma non avranno idea di come si vive e  allora sì, sarà davvero la fine.


La tecnologia è un dono, ma solo se guidata dalla saggezza, un 

bambino non ha bisogno di essere un esperto digitale, ha bisogno di diventare un essere umano completo. E questo accade solo vivendo davvero il mondo, un giorno alla volta, con il corpo, con il cuore, con gli occhi alzati dal telefono.


Il futuro non si costruisce con la connessione Wi-Fi, ma con quella umana e se vogliamo davvero prepararli alla vita, dobbiamo prima insegnare loro a viverla.

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