
Vivono secondo valori profondi: rispetto, giustizia, empatia, dignità, autenticità. Ma il mondo là fuori, nella sua realtà quotidiana, si muove spesso su binari molto diversi: convenienza, apparenza, competizione, superficialità. E qui nasce il primo grande nodo: le persone buone non si adattano facilmente a un mondo che funziona in modo opposto.
Chi è buono è spesso visto come ingenuo, debole o “troppo sensibile”. Ma la bontà vera è tutt’altro che debolezza: è una forma di coraggio. È la scelta di rimanere integri anche quando ci si rende conto che essere disonesti porta risultati più veloci. È una resistenza silenziosa, spesso dolorosa, che non fa rumore, ma lascia tracce profonde.
Prendiamo ad esempio un imprenditore che decide di non evadere le tasse, di pagare bene i propri dipendenti, di non sfruttare nessuno. Vede altri arricchirsi più in fretta, essere lodati, premiati. Lui no. Lui resta indietro. Eppure, va a dormire con la coscienza pulita. Ma a quale prezzo? Spesso quello dell’incomprensione, dell’isolamento.
Un altro aspetto profondo di questo tipo di solitudine è legato alla qualità delle relazioni. Le persone buone non riescono ad avere rapporti “mediocri”. Non si accontentano di amicizie superficiali, di relazioni tossiche, di amori tiepidi. Cercano connessioni autentiche, scambi profondi, verità. E questo le mette in netto contrasto con chi vive per il consenso, chi si nasconde dietro le maschere, chi ha paura di guardarsi davvero dentro.
Queste persone non riescono a far parte dei “gruppi”, a mescolarsi con la massa. Non per superbia, ma perché non riescono a tradire se stesse solo per sentirsi accettate. E così si ritrovano ai margini. Spesso non capite, o addirittura criticate per il loro “essere troppo”.
La coerenza ha un costo. Le persone buone pagano il prezzo della coerenza ogni giorno: dicendo no a compromessi, scegliendo la via difficile, affrontando la verità quando tutti preferiscono il silenzio.
Pensiamo a chi decide di denunciare un’ingiustizia, di uscire da un contesto abusivo, di allontanarsi da persone che ama pur di restare fedele ai propri valori. Queste scelte fanno male. Fanno sentire soli. Ma sono necessarie per non perdersi.
Con il tempo, però, questa solitudine può trasformarsi. Diventa uno spazio sacro, un luogo dove ci si ritrova, dove si coltiva la propria verità. Non è assenza, è selezione. Non è vuoto, è protezione.
Chi è veramente buono impara a stare solo, non perché non desideri compagnia, ma perché sa che non tutte le presenze fanno bene. E quando trova qualcuno che vibra sulla sua stessa frequenza, nasce un legame raro, potente, destinato a durare.
Essere una buona persona in questo mondo è una scelta difficile, che spesso comporta incomprensione, solitudine e dolore. Ma è anche una delle scelte più nobili, più vere, più rivoluzionarie.
Chi è buono non è mai solo davvero: cammina su una strada meno battuta, ma non meno significativa. E alla fine, quella strada porta a qualcosa di prezioso: la pace con se stessi.
Paola, troppo vero questo scritto!Essere buoni ed onesti , nella nostra società, non paga affatto.L’ opportunista e il furbetto, rimangono sempre a galla!🤔
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