giovedì 10 aprile 2025

Il silenzio nella culla








Quel lunedì mattina era cominciato come tanti altri. Le luci dell’alba filtravano tra le tende dell’asilo nido, disegnando strisce d’oro sul pavimento colorato. L’odore di latte caldo e talco riempiva le stanze, mentre le educatrici si muovevano leggere, tra carezze e canzoncine sussurrate.

Nella stanza dei più piccoli, la piccola Emma sei mesi appena compiuti dormiva nella sua culla. Il viso rilassato, le manine chiuse a pugno, il respiro leggero come quello di un gattino. Era una bambina tranquilla, serena. Una di quelle presenze che si fanno amare subito, che portano tenerezza solo a guardarle.


Al cambio turno, intorno alle dieci, Chiara, una delle educatrici, si avvicinò come sempre alla culla per controllare. Un gesto semplice, ripetuto mille volte. Ma stavolta qualcosa non andava. Emma non si muoveva. Nessun respiro. Nessun suono.


«Emma?» la chiamò a bassa voce, come se potesse svegliarla. Ma non ci fu risposta.


Un brivido le percorse la schiena mentre poggiava le dita sul petto della bambina, cercando quel piccolo battito che non c’era più. «Aiuto!» gridò allora, e l’intero asilo si fermò.


Arrivarono le colleghe, poi i soccorsi. Tentativi disperati, parole di speranza che si spegnevano una dopo l’altra. I minuti passarono come macigni. Ma la verità era una sola: Emma non c’era più.


Nel cortile, i genitori arrivavano uno dopo l’altro, richiamati d’urgenza. Alcuni piangevano in silenzio, altri si stringevano forte ai propri figli. Quando i genitori di Emma arrivarono, la realtà si fece insopportabile. Nessuno dovrebbe mai dover prendere in braccio il corpo senza vita del proprio bambino.


Si parlò subito di morte in culla. una di quelle tragedie che arriva senza un perché, come un ladro nella notte nel momento in cui tutto sembra essere sicuro.

Ma sarà l’autopsia a cercare una spiegazione, a dare un nome a ciò che sembra inspiegabile. Ma in quel momento, nessuna risposta avrebbe colmato il vuoto.


Nei giorni successivi, l’asilo restò chiusotra i muri dell’asilo, calò un silenzio nuovo. Non quello della nanna, ma quello del lutto. Le pareti colorate sembrano più spente, i giochi abbandonati, le canzoncine tacevano, le educatrici non riuscivano più a sorridere, Restò solo un vuoto immenso. 

Emma non c’era più, ma il suo ricordo abitava ogni angolo, ogni culla, ogni sguardo.


La vita è fragile, e a volte il destino colpisce senza rumore, senza logica, lasciando solo domande e dolore. Ma anche nel vuoto più profondo, resta la traccia dell’amore donato, fosse anche solo per pochi mesi. E il ricordo, silenzioso ma presente, diventa il filo invisibile che lega chi resta a chi se n’è andato troppo presto.


Nel dolore impariamo quanto ogni istante sia sacro, e che ogni respiro di chi amiamo è un dono mai scontato.

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