
Chi si è avvicinato alla psicologia con spirito autentico, come me giovane studentessa animata da passione e sete di conoscenza, ha sicuramente vissuto il desiderio di trovare una chiave, una spiegazione definitiva capace di svelare l’enigma della vita interiore.
Ma cosa accade quando ogni teoria affascina, ogni autore sembra avere ragione, eppure nessuno riesce a dire tutto?
Questo nasce da quella tensione o bisogno di comprendere, la disillusione delle verità assolute e la maturazione di un pensiero più profondo.
Da ragazza, mi innamorai della psicologia con lo stesso ardore con cui ci si innamora di un ideale. Leggevo avidamente Freud, Jean Piaget e molti altri ancora, nella speranza di trovare quella teoria definitiva che potesse spiegare la complessità dell’animo umano.
Ogni lettura mi sembrava una rivelazione, una possibile verità, poi puntualmente, alla fine di ciascuna, mi sorprendevo a pensare se era quella se finalmente avevo trovato la chiave.
Poi arrivava il dubbio, se tutti avevano ragione, come poteva esistere una sola verità?
Forse, semplicemente, non ero ancora pronta, dovevo solo maturare, fare esperienza. Ma gli anni sono passati, e quella “teoria madre”, capace di escludere tutte le altre, non l’ho mai trovata.
Eppure non posso dire di aver fallito, anzi ho compreso che in ogni approccio vi è una scintilla, uno scorcio di verità. Ogni teoria è un tentativo umano nobile, imperfetto di afferrare l’indicibile.
Ognuna illumina un angolo della psiche, ma lascia in ombra altri, nessuna è abbastanza vasta da contenere tutto. E così, ho imparato ad apprezzare la bellezza del pensiero senza più cercare un assoluto.
Ho capito che la verità non si lascia possedere, non è un blocco statico, ma un riflesso cangiante, che muta col tempo, con la coscienza, con il contesto.
È come un raggio di luce che attraversa un prisma che mostra i suoi colori, ognuno di noi ne coglie una sfumatura diversa, condizionata dalla propria storia, sensibilità, cultura.
L’esperienza personale agisce come una lente che modula ciò che vediamo, pensiamo e sentiamo. Ed è proprio questo che rende la verità così sfuggente e, al contempo, così affascinante.
Esistono molte verità, tante quante sono le prospettive e forse, è proprio nella pluralità che si avvicina qualcosa di autentico.
La rigidità mentale è un pericolo che indebolisce la ricerca. La complessità della vita chiede flessibilità, ascolto, apertura.
C’è una saggezza che nasce dalla consapevolezza dei limiti sapere che la verità definitiva potrebbe non essere afferrabile, ma che il tentativo di cercarla ci migliora, ci espande, ci rende umani.
Continuare a interrogarsi, lasciarsi toccare dai pensieri altrui, abbracciare la molteplicità senza sentirsi smarriti forse è proprio questo il gesto più vero che possiamo compiere.
La verità, in fondo, esiste, ma non si lascia spiegare, si intuisce, si avvicina, a volte si sfiora nel silenzio di un’intuizione, in uno sguardo condiviso, nella parola giusta al momento giusto.
È un’eco, un riflesso, una vibrazione.
Il nostro compito non è afferrarla, ma danzare con lei, lasciandoci guidare da ciò che di volta in volta ci mostra.
Solo così potremo vivere una verità autentica, anche se sempre parziale. Perché forse, alla fine, ciò che conta davvero non è possederla, ma avere il coraggio e la libertà di cercarla.
Grazie!
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